Peste suina a Roma, è allarme: due cinghiali positivi ai test. E scatta il piano delle Asl

I casi al parco dell’Insugherata e a Casal del Marmo. Verifiche su un terzo animale

Peste suina a Roma, è allarme: due cinghiali positivi ai test. E scatta il piano delle Asl
di Flaminia Savelli
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Sabato 13 Maggio 2023, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 12:40

Al Parco dell’Insugherata, nell’area verde adiacente a via Cortina d’Ampezzo tra la via Trionfale e la via Cassia, è stato un Guardia Parco a trovare la carcassa nascosta tra la vegetazione. Nell’area boschiva di Casal del Marmo la segnalazione di un esemplare morto è arrivata da un residente. Così sono scattati i controlli degli esperti, e la conferma delle analisi di laboratorio delle Asl, che i due cinghiali trovati morti erano positivi alla Psa, la Peste suina africana. La malattia letale nel 98% dei casi, altamente infettiva che contagia cinghiali, suini e non si trasmette all’uomo. Su un terzo caso sono invece in corso le indagini epidemiologiche: la carcassa è stata trovata ieri pomeriggio in un parco nella zona Tomba di Nerone. 

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I CONTAGI

Le due conferme hanno fatto scattare l’allarme sull’infezione arrivata a Roma lo scorso anno: a maggio del 2022 (il 5) era stato registrato il primo caso confermato nella riserva dell’Insugherata.

Un’epidemia che si è allargata dalla Liguria al Piemonte arrivando, tra dicembre e gennaio, a contagiare i cinghiali del Lazio.

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Ieri dunque il Ministero della Salute ha convocato nella mattinata un primo tavolo di lavoro: l’ultimo caso accertato risaliva allo scorso settembre. È stata quindi riattivata l’Unità di crisi con la Regione Lazio e i responsabili delle Asl ora incaricati di procedere con campionature e analisi nelle zone a rischio. Cioè i 125 chilometri di zona rossa tra la riserva dell’Insugherata e il parco di Veio. «Ulteriori misure di contenimento verranno comunicate lunedì 15 maggio» hanno anticipato i responsabili regionali al termine dell’incontro di ieri con il neo commissario straordinario alla Psa, Vincenzo Caputo, nominato lo scorso febbraio con i compiti di coordinamento delle misure contenitive. Un’epidemia costata alle 200 aziende agricole laziali all’interno della zona rossa 10 milioni di euro. Secondo le disposizioni sanitarie infatti la scorsa primavera, tonnellate di fieno e grano sono rimaste bloccate per un mese nei magazzini. Gli allevatori invece hanno dovuto procedere con la macellazione d’emergenza.

 

FLOP DEPOPOLAMENTO

Mentre il piano di depopolamento - la caccia selettiva - è rimasta al palo. Dall’inizio dell’emergenza sono stati abbattuti appena 300 esemplari, a fronte dei 75mila stimati. Un flop per la passata giunta regionale che aveva firmato un’ordinanza ad hoc annunciando l’abbattimento di 50mila cinghiali. Una misura considerata necessaria per evitare che la peste sia trasmessa dai cinghiali ai suini. E che ha sollevato le proteste degli animalisti: la notte del 23 febbraio un gruppo di sostenitori aveva distrutto alcune gabbie posizionate nei pressi della Pineta Sacchetti. «La situazione ormai è sfuggita di mano e nessuno ci dà ascolto a livello istituzionale. Per noi l’incubo della Peste suina non è mai terminato» denuncia Riccardo Milozzi imprenditore agricolo della Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Roma: «Da un anno ci stiamo attenendo alle restrizioni della zona rossa senza però avere alcun sostegno. Subiamo continui danni senza contare l’abbandono delle coltivazioni. Infine, gli allevatori di suini che hanno abbattuti 2500 capi e sono stati risarciti di appena il 30% del loro valore». 

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