Roma, padre abusa delle amiche delle figlie durante i compiti e le feste: le tre vittime andavano alle medie

La testimonianza: «Purtroppo lo vedevo come un papà, tacevo per paura di perderlo»

Padre abusa delle amiche delle figlie durante i compiti e le feste: le tre vittime andavano alle medie
di Valeria Di Corrado e Andrea Noci
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Sabato 6 Maggio 2023, 22:39 - Ultimo aggiornamento: 23:17

I compiti a casa, le festicciole e persino i pigiama party erano l’occasione ideale per abusare delle amiche delle sue figlie: nel suo studio o in cantina. L’uomo, che oggi ha 56 anni, avrebbe sfruttato il cattivo rapporto che le ragazzine avevano con il proprio padre e, di conseguenza, la fiducia e l’affetto che ingenuamente nutrivano per lui. All’epoca, infatti, frequentavano le scuole medie e non avevano gli strumenti per capire gli abusi subiti, che hanno denunciato anni dopo. L’uomo è imputato davanti alla prima sezione collegiale del Tribunale di Roma per violenza sessuale aggravata nei confronti di tre vittime, diventate ora delle donne. I fatti risalgono agli anni tra il 2008 e il 2013. Inizialmente era stato accusato di aver approfittato anche di un ragazzo, ma questo capo di imputazione è stato prescritto.

«Purtroppo lo vedevo come un padre.

L’unico modo per non perderlo era accettare certe cose - ha spiegato giovedì scorso una delle tre vittime davanti ai giudici - Ho cominciato a frequentare quella casa quando avevo 12 anni. Si parlava sempre di sesso: lui si vantava dei rapporti che aveva con la moglie e non solo. Ero inibita e spaventata, ma non sapevo dirgli di no. Il primo bacio me lo ha dato il 10 dicembre 2010, avevo 14 anni. Poi, a 16 anni, dopo aver saputo che avevo avuto il mio primo rapporto sessuale con il mio ragazzo, mi ha detto che ero pronta per farlo con lui. E se mi rifiutavo, mi diceva: “non sei una donna, non vali niente”». Rachele (nome di fantasia) ha descritto gli strascichi psicologici: «Non riuscivo a fidarmi più degli uomini e ancora ora ho dei traumi a livello sessuale. Ho avuto attacchi di panico, ho smesso di mangiare e ho dovuto prendere degli psicofarmaci. Solo con la psicoterapia sono riuscita a colmare i vuoti di memoria. Ho capito che avevo la sindrome di Stoccolma e nutrivo per lui un rapporto di amore-odio. Mi ha cercato fino al 2017, minacciandomi di non raccontare nulla di ciò che c’era stato tra noi, perché tutti avrebbero pensato che io ero una poco di buono; che lui si sarebbe ucciso e io lo avrei avuto sulla coscienza». 

L’ALTRA VITTIMA
Giovedì i giudici hanno ascoltato la testimonianza di un’altra vittima, Ester (nome di fantasia), compagna di classe della figlia minore dell’imputato. «Fin dalle prime volte che sono andata a casa loro, ha fatto di tutto per prendere confidenza con me. Voleva che fumassi le sigarette con lui, nonostante avessi appena 12 anni». Ma questo modo di interessarsi a Ester, all’inizio, faceva piacere perché con suo padre non aveva un buon rapporto. «In quei suoi comportamenti, trovavo ciò di cui avevo bisogno», ha raccontato in aula. Poi di punto in bianco il loro rapporto cambia. È l’ottobre del 2012. «Dopo aver finito di pranzare, mi invita nel suo studio, mentre dice alla figlia di mettersi in salotto a guardare la tv». La ragazza prova a chiedere una sedia, ma lui le propone di sedersi sulle sue gambe. «Voleva gli confidassi un segreto sessuale. Nel frattempo inizia a muoversi sussurrando: “avrei una cosa in mente, che può rimanere solo tra di noi, ma tanto non hai il coraggio di farla”». Ester vede che lui si abbassa i pantaloni e prova a scacciarlo, ma l’uomo la sbatte all’armadio e inizia a palpeggiarla. Scappa, ma lui la ricatta: «Se dirai qualcosa a qualcuno farò sentire a tuo padre la registrazione in cui dici che lo odi». «Una volta ero rimasta a dormire da loro - ha riferito la vittima - e lui in piena notte mi era venuto svegliare». Gli anni passano e le violenze continuano, fino a quando, compiuti 15 anni, smette di frequentare l’abitazione. Solo due anni dopo trova il coraggio di sfogarsi con l’amica, che però non l’accusa: «Ah, vedi, ora tutto è più chiaro. Mi faceva schifo il modo con cui ti guardavi con mio padre. Ma non sei stata la prima a provarci con lui, sei solo una p..., come Rachele». È lì che Ester capisce di non esser stata l’unica vittima.

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