«Sono passati quattro anni ma il rumore di quegli elicotteri è sempre nella mia testa». Ricorda come se fosse ieri l’incidente a Torre Flavia Alessandro Ognibene, il kitesurfer romano ferito gravemente il 3 ottobre del 2018, sulla spiaggia di Ladispoli, dal passaggio di un Chinook durante un’esercitazione interforze della Nato. Lo sportivo voleva soltanto dar sfogo alla sua passione ma non aveva fatto i conti con un addestramento a bassa quota di potenti mezzi che si appoggiavano in quei giorni nella base dell’aeroporto militare di Furbara.
Il kitesurfer Ognibene: «Uno scontro violentissimo»
«Ogni tanto di notte mi sveglio perché sono in preda ad un incubo – è il suo racconto – ero da poco entrato in acqua con la vela e poi è passato quel bestione che mi ha aspirato per tanti metri.
L'aiuto dei testimoni
«Li ringrazio questi testimoni – prosegue – sono stati di parola. Ricordo il pescatore che fu il primo a soccorrermi. Non riuscivo a capire dove fossi, penso che qualcuno dall’alto mi abbia protetto. Sono un miracolato». Gli avvocati della difesa continuano a sostenere che l’incidente, al contrario, sia da addebitare piuttosto ad un «colpo di vento». Ognibene reagisce. «Faccio fatica nel trattenermi quando sento tutto ciò – si sfoga - quel giorno il mare era calmo e piatto e non c’era un filo di vento. So solo che quell’elicottero mi ha risucchiato e poi mi sono trovato al Gemelli con un forte trauma cranico, un’emorragia interna, sette costole rotte, un polmone schiacciato, due vertebre fratturate, problemi al rene e tanto altro ancora. Ho preso la tachipirina per un anno e mezzo. Faccio fatica ancora oggi a girarmi nel letto o quando sono nello studio a lavoro. Ho il fiatone e riesco a stare in acqua con il kite non più di un’ora». Un processo problematico dove la magistratura inquirente ha escluso l’omissione di soccorso e per questo si è andati al giudice di pace solo per lesioni colpose. Un iter giudiziario partito poi dopo 4 anni dove la prima udienza è stata rinviata per cinque volte tra Covid, scioperi, difetti di notifiche e il pensionamento di un giudice. «L’importante ora è che sia iniziato. Ci penserà il mio avvocato. Confido nella giustizia».
Kitesurf, una passione che prosegue
Nel frattempo lo sportivo di 53 anni, di professione artigiano odontotecnico, prosegue la sua vita. È sposato ed è padre di due figlie. Appena può prende il suo kite per se stesso e per dare anche delle lezioni ai più giovani, come domenica scorsa. Prima però uno sguardo sempre al cielo. «Ogni volta che entro in acqua sollevo i miei occhi e mi faccio tre segni della croce. Non riesco a non pensarci. È stato un bestione a trascinarmi via. La fortuna è essere ancora qui a poterlo raccontare. Per natura non mi abbatto mai però dal giorno dell’incidente la mia vita è cambiata».
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