Ipa, scandalo prestiti ai comunali insolventi: «Ora saltano le pensioni»

A un passo dal crac l’ente di previdenza di 23mila addetti capitolini

Ipa, scandalo prestiti ai comunali insolventi: «Ora saltano le pensioni»
di Lorenzo De Cicco
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Giovedì 23 Dicembre 2021, 09:17 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 16:37

Prendevano i soldi e poi, spesso, sparivano. Mario D., dipendente del Comune di Roma, aveva già debiti per 43mila euro, 30mila con l'Ipa e 12mila con una banca. Solo nel 2016 aveva accumulato 4 finanziamenti protestati. Insomma, non pagava. Quindi che fare? L'Ipa, l'Istituto di previdenza del Campidoglio gli ha concesso altri 55mila euro, spalmabili in 180 mensilità. «Per l'ufficio non esistono ostative alla concessione del finanziamento», scriveva il responsabile dell'area credito.

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Un'altra dipendente comunale, C.P., ha chiesto e ottenuto 93mila euro di prestito, pur avendo già 70mila euro di debiti con l'Ipa e 7mila con l'Inpdap, «che non ha pagato», precisava il funzionario prima di dare l'ok al nuovo mutuo.

Un'altra dipendente ancora, A. P., ha ottenuto 79mila euro per permettere al figlio di restare «presso l'Hotel Hilton di Sydney» (c'è scritto proprio così nell'autorizzazione), pur avendo anche lei una cambiale protestata e «cartelle esattoriali di Equitalia da 39mila euro».

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E per un'impiegata con uno stipendio di 1.300 sarebbe stato impossibile saldare la nuova maxi-rata mensile da 685 euro. Un'altra addetta comunale, M.M., inseguita da un'ingiunzione del Tribunale civile di Tivoli per 9mila euro e da protesti vari, ha comunque ricevuto dall'Ipa 96mila euro. Sono solo alcune delle centinaia di carte di cui Il Messaggero è in possesso e che svelano le ragioni della voragine contabile che ora rischia di affossare l'ente di previdenza comunale, mettendo a rischio le pensioni di 23mila dipendenti. «Lo stato di insolvenza è altamente probabile», ha scritto alla Procura l'ex commissario dell'istituto, Fabio Serini, poche settimane fa, prima di essere silurato da Gualtieri. Prima della cacciata, agli uomini del sindaco lo ha proprio detto: «Le pensioni integrative sono a rischio».

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BORGOGNONI AL TIMONE
Gualtieri sa che la bomba Ipa rischia di esplodere da un momento all'altro. Ha appena scelto il nuovo commissario, il quarto degli ultimi 9 anni: l'avvocato Fabio Borgognoni. Ma come ha scritto l'ex commissario, senza un'«urgente ripatrimonializzazione», la strada è una sola: «la bancarotta». Insomma, o il Campidoglio sborsa 51 milioni di euro (soldi dei contribuenti romani) per ripianare le spese pazze degli anni passati, oppure il banco salta. E 23mila dipendenti pubblici non avranno la pensione integrativa per cui hanno pagato i contributi.


È un terreno minato. Serini, nominato da Raggi a metà 2017, ha presentato una batteria di esposti alla Procura, via via che scovava la degenerazione degli anni precedenti. Su alcune denunce, come quella «sull'abusiva concessione di credito agli iscritti», sta già indagando il Gruppo Spesa pubblica della Guardia di Finanza. L'ultimo esposto è del 4 ottobre e racconta «l'abbassamento ingiustificato del tasso di interesse di tutti i prestiti», un altro colpo alle casse dell'ente, con lo sconto concesso perfino «a morosi che avrebbero dovuto essere sottoposti alla riscossione coattiva, anziché avere benefici».

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Inutile dire che milioni di euro (almeno 5) di prestiti generosamente autorizzati fino al 2017 non sono mai stati saldati. Con trucchi di ogni genere. Alcuni dipendenti si sono «licenziati già all'indomani dell'attivazione del prestito», così l'Ipa non ha più potuto trattenere le loro rate dalla busta paga del Comune. Altri sono andati in pensione con Quota 100 e da quel momento non hanno più pagato un euro. Nei file riservati dell'Ipa, che questo giornale ha potuto visionare, c'è una sfilza di «nessuna rata pagata» accanto ai nominativi dei beneficiari dei mutui. Altri hanno pagato «1 rata su 24». In un foglio c'è scritto: «Pagate solo 3 rate su 24. In vita?». Insomma, il dipendente aveva fatto perdere le tracce al punto che ai funzionari dell'istituto è venuto il dubbio che fosse morto. In altri casi ancora, dopo i controlli dell'ex commissario, è emerso che «non vi è alcuna approvazione del prestito». Che però veniva regolarmente bonificato. Poi ci sono i viaggi all'estero dei dirigenti, i bonus «rilevantissimi e immotivati» concessi ai dipendenti interni. E ora il bancomat è in rosso di 51 milioni.
 

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