Furbetti dei riscaldamenti a Roma, condomini accendono i termosifoni oltre l’orario consentito: ecco cosa si rischia

Il provvedimento firmato dal sindaco di Roma indica che dal 21 novembre 2022 al 31 marzo 2023 i caloriferi possono essere accesi nella fascia compresa tra le ore 5.00 e le ore 23.00 per un massimo di 10 ore, ma c'è chi non rispetta la norma

Furbetti dei riscaldamenti, condomini tengono acceso oltre l’orario consentito: ecco cosa si rischia
di Alessandro Rosi
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Venerdì 27 Gennaio 2023, 17:19 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 20:11

Massimo 10 ore al giorno. È questa l'ordinanza del comune di Roma sui riscaldamenti. Ma c'è chi non la rispetta. «In alcuni appartamenti i termosifoni sono accesi oltre l'orario consentito, ci è capitato di verificare le violazioni più di una volta», a parlare è un tecnico di una ditta di manutenzione che opera nella Capitale. Dei veri e propri furbetti dei riscaldamenti. Quali sono però le disposizioni del Campidoglio in materia? Il provvedimento firmato dal sindaco indica che dal 21 novembre 2022 al 31 marzo 2023 i caloriferi possono essere accesi nella fascia compresa tra le ore 5.00 e le ore 23.00 per un massimo di 10 ore. E se non si rispetta? A fare chiarezza l'avvocato civilista Gabriele Calvetto.

Alcune ditte di manutenzione hanno denunciato la violazione dell’ordinanza del sindaco di Roma sugli orari dei riscaldamenti. Diversi condomini li terrebbero accesi oltre il dovuto. Cosa rischia l’amministratore?

Il nuovo decreto non ha modificato le sanzioni previste per chi non si adegua alle regole per l’accensione, la chiusura e la temperatura degli impianti di riscaldamento: si rischiano quindi fino a 3mila euro di multa a carico del “proprietario o il conduttore dell'unità immobiliare, l'amministratore del condominio, o l'eventuale terzo che se ne è assunta la responsabilità, qualora non provveda alle operazioni di controllo e manutenzione degli impianti di climatizzazione”, come previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, così come aggiornato dal dpr n. 74 del 2013.

I controlli avvengono a campione per mezzo della Polizia Locale.

In alcune assemblee condominiali non è stato inizialmente approvato il bilancio dell’amministratore riguardo ai riscaldamenti, con conseguente blocco dei caloriferi. C’è però chi ha annunciato di fare ricorso al tribunale per l'accensione. Cosa prevede la legge in materia?

Secondo un orientamento ormai assodato della Suprema Corte, seguito anche dai Tribunali di primo e secondo grado, la mancata approvazione, da parte dell’assemblea condominiale, del bilancio consuntivo e del bilancio preventivo (con il conseguente progetto di riparto delle relative spese tra i vari condomini secondo i rispettivi millesimi) non fa venir meno l’obbligo di versare le spese condominiali (tra queste quelle relative al riscaldamento).

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L’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi condominiali deriva non tanto dal nulla osta dell’assemblea al progetto di bilancio redatto dall’amministratore, ma dalla proprietà dell’appartamento. Si tratta di un obbligo collegato alla titolarità del bene immobile e che, con esso, si trasferisce da proprietario in proprietario.

 

Chi è responsabile?

È onere dell’Amministratore agire, anche in assenza delle relative delibere assembleari, per ottenere dai condomini il pagamento degli oneri condominiali, di qui una sua responsabilità in caso contrario.

Il singolo condomino può agire?

Ipotizzando - a causa del mancato pagamento delle spese - il blocco del riscaldamento condominiale, il singolo condomino virtuoso potrà rivolgersi al Tribunale per ottenere, grazie ad un ricorso d’urgenza, la riattivazione della fornitura e il condominio dovrà provvedere in ogni caso al pagamento dei relativi oneri rimasti sino a quel momento impagati.

Quali strumenti giuridici ha l’amministratore contro il condominio che rifiuta di pagare il riscaldamento?

Generalmente le spese di condominio devono essere pagate da tutti i condomini secondo il valore millesimale della proprietà di ogni condomino e contribuiscono alla conservazione e al godimento delle parti comuni dell’edificio (come scale, androne, ascensore, ecc.) e in proporzione all’uso che fanno dei servizi condominiali. Per le spese di riscaldamento di condominio, la divisione delle spese avviene secondo le tabelle millesimali di riscaldamento, in proporzione, dunque, al volume riscaldato. In caso di mancato pagamento delle spese di riscaldamento l’amministratore può agire in Tribunale nei confronti di chi è proprietario dell’appartamento per il recupero coattivo delle relative spese.

Ci sono modi alternativi per intervenire?

L’articolo 63, comma 3, delle disposizioni di attuazione del codice civile dispone: “In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”. Ebbene, secondo un orientamento, è opportuno che l’amministratore, a fronte del mancato pagamento delle spese condominiali per un semestre, non agisca autonomamente nel provvedere alla sospensione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, ma richieda l’intervento giudiziale, al fine di ottenerne l’autorizzazione. In altre parole, secondo questa corrente di pensiero, è bene che l’amministratore si rivolga al giudice, anche con un procedimento d’urgenza ex art. 700 cpc., per chiedere di essere autorizzato a sospendere i servizi comuni.

Quali servizi possono essere sospesi al condomino moroso?

In merito alla tipologia dei servizi che possono essere sospesi, si fa innanzi tutto riferimento a quelli comuni: perché se, ad esempio, l’acqua calda e il riscaldamento sono autonomi, questi non sono servizi comuni. Vi sono però due orientamenti. Da un lato, vi è infatti chi distingue fra servizi essenziali, che sarebbero intangibili e quindi mai suscettibili di sospensione, fra i quali vi è acqua e riscaldamento: per costoro, i servizi essenziali di riscaldamento e acqua devono essere in ogni caso garantiti, in nome per rispetto della salute della persona, diritto garantito dall’art. 32 della Costituzione. Dall’altro lato, vi è chi invece reputa che i servizi di acqua e gas non sono affatto intangibili e per cui non avrebbe senso alcuna distinzione fra servizi essenziali o meno: per questo secondo orientamento, quindi, anche acqua e gas, se comuni, potrebbero essere sospesi.

Quali sono gli ultimi orientamenti della giurisprudenza in materia?

La recente sentenza del Tribunale di Perugia ( sentenza del 20 dicembre 2021, n. 5113) si colloca in questo secondo orientamento. Il caso è quello di un condomino moroso di undicimila euro, per il recupero dei quali era stato anche emesso un decreto ingiuntivo, senza ottenere pagamento alcuno. Il Condominio aveva quindi agito, con procedimento d’urgenza ex art. 700 cpc., chiedendo di essere autorizzato a sospendere acqua calda e riscaldamento. Il Tribunale di Perugia aveva autorizzato il Condominio istante “a interrompere, mediante apposizione di sigilli e comunque mediante la soluzione tecnica meno gravosa ed invasiva, l’afflusso di acqua calda e per il riscaldamento dalle tubazioni condominiali mediante distacco dell’utenza individuale con la chiusura della relativa erogazione” e “con autorizzazione ad accedere, anche con l’ausilio della Forza pubblica, all’immobile di proprietà” del condomino moroso “ciò tramite impresa idraulica e/o edile che intercetti le tubazioni di ingresso chiudendole con tappi e con ogni altro mezzo tecnico del caso.

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