Delitto Diabolik, il mistero dei testimoni nel parco: in 2 lasciano libera la panchina dove verrà ucciso

Un uomo che fa jogging (non quello che poi spara) si avvicina a Piscitelli e inizia a parlargli: questi personaggi sono stati identificati?

Delitto Diabolik, il mistero dei testimoni nel parco: in 2 lasciano libera la panchina dove verrà ucciso
di Valeria Di Corrado
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Martedì 23 Maggio 2023, 07:46 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 09:06

Secondo la difesa dell'argentino Rual Esteban Calderon, unico imputato per l'omicidio aggravato dal metodo mafioso di Fabrizio Piscitelli, ci sono dei personaggi misteriosi che si aggiravano nel parco degli Acquedotti, come si evince da uno dei video mostrati ieri nell'aula bunker di Rebibbia. «Ci sono due persone che si alzano dalla panchina dove la vittima verrà uccisa, per lasciargli inspiegabilmente il posto. E un uomo che fa jogging (non quello che poi spara) che si avvicina a Piscitelli e inizia a parlargli - spiega l'avvocato Gian Domenico Caiazza - Questi personaggi sono stati identificati?».

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GLI STESSI PANTALONCINI

C'è un punto nodale nel processo: la fasciatura bianca che copriva il polpaccio destro dell'uomo immortalato mentre fugge correndo, il 7 agosto 2019, dopo aver sparato un colpo dietro la nuca all'ex capo ultrà degli Irriducibili della Lazio. Il bendaggio sullo stinco si vede nitidamente nel video estrapolato dalle telecamere di un'abitazione privata, che affaccia sua via Lemonia. In un secondo filmato, acquisito dall'impianto di sorveglianza di un bar in via Tito Labieno e proiettato subito dopo davanti alla terza Corte d'assise di Roma, si intravede la stessa fasciatura sul polpaccio destro di un uomo che sfreccia via su uno scooter guidato da un'altra persona. Ebbene, l'imputato ha un tatuaggio proprio in quel punto della gamba e questo elemento - insieme ad altri - dimostrerebbero secondo la Procura che è proprio lui il killer di Diabolik.
«Sembra uno di quei bendaggi con trattamento emolliente applicati dopo essersi tatuati - ha spiegato l'ispettore della Squadra mobile Francesco Pippo, sentito ieri come testimone insieme ad altri suoi colleghi - L'uomo che ha sparato a Piscitelli e quello che è scappato in moto, non solo avevano la stessa fasciatura nello stesso punto dello stinco, ma indossavano lo stesso tipo di pantaloncini. Chi guidava lo scooter, invece, era più basso del passeggero, indossava una maglia che gli copriva gli avambracci (nonostante le alte temperature estive) e dei guanti bianchi aderenti, credo fossero in lattice. Entrambi portavano un casco, anche se non integrale. Un passante ci ha riferito che stava per essere investito da quello che io ritengo sia un cinquantino, probabilmente un Liberty».
«Sul posto abbiamo trovato un bossolo 9X19 parabellum con il simbolo della Nato, riconducibile al munizionamento destinato all'armamento militare - ha poi riferito in aula uno degli investigatori della polizia Scientifica che ha condotto gli accertamenti - Il bossolo presentava più impronte a freddo di espulsione, circa cinque, tutte riconducibili alla stessa classe di arma. Sembrerebbe da un esame visivo non ricaricato, aveva ancora la vernice che normalmente ricopre l'innesco dopo la fabbricazione e non presentava segni evidenti di ricaricamento. Ma può essere stato camerato e scamerato più volte senza essere esploso prima».

L'APPUNTAMENTO MISTERIOSO

«Abbiamo cristallizzato la scena del delitto e visto ufficialmente il video che mostra l'esecuzione, sentito l'audio del colpo di pistola, e ascoltato dagli investigatori l'analisi effettuata sul bossolo. Elementi da cui partire per accertare la responsabilità penale dell'imputato», ha commentato a fine udienza l'avvocatessa Tiziana Siano, legale di parte civile dei genitori e della sorella di Fabrizio Piscitelli. La prossima volta verrà chiamato in aula a testimoniare l'autista cubano, che, dopo aver sentito esplodere il colpo, è scappato con le mani alzate verso la jeep bianca a bordo della quale aveva accompagnato Piscitelli a un appuntamento. Il "guardaspalle" di Diabolik ha riferito agli inquirenti di non sapere con chi si dovesse incontrare.
Alessandro Capriotti (detto Furfante o Miliardero) era inizialmente sospettato dalla Procura di essere uno dei tre mandanti dell'omicidio, insieme a Giuseppe Molisso (detto Peppe) e Leandro Bennato (detto Bio), ma non essendo stati trovati riscontri dirimenti, il caso è stato archiviato. Ma quello che emerge dall'indagine della Squadra mobile è che Piscitelli, il giorno del suo assassinio, doveva riscuotere il debito da 300mila euro che Capriotti aveva con l'albanese Bardhi. D'altronde nell'agenda di Diablo è segnato: «appuntamento con Furfante». Tant'è vero che il 7 agosto 2019, prima di uscire dall'ufficio del suo commercialista Gianluca Ius, Piscitelli gli avrebbe detto: «Devo andare via perché magari questo 30 me li porta».
Valeria Di Corrado
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