Civitavecchia, detenuti postano i video su TikTok dalla cella: l’agente li riconosce e gli sequestra i cellulari

Due detenuti avevano girato le immagini con i cellulari nel carcere di Borgata Aurelia

Civitavecchia, detenuti postano i video su TikTok dalla cella: l agente li riconosce e gli sequestra i cellulari
di Stefano Pettinari
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Venerdì 15 Settembre 2023, 22:38

Fanno un video e poi lo postano su TikTok. Detta così non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che a realizzarlo e poi pubblicarlo sul noto social network sono stati due detenuti del carcere di borgata Aurelia, a Civitavecchia. A scoprire il tutto è stato un agente di polizia penitenziaria dello stesso carcere che, per caso, si è imbattuto in quel video e ha riconosciuto la cella e i detenuti. Naturalmente ha detto tutto alla direzione, che ha fatto scattare l’ispezione e sono spuntati fuori due telefoni cellulari, in uno dei quali in memoria era ancora rimasto il video postato su TikTok.

Gli smartphone nascosti

Gli smartphone erano stati nascosti, nemmeno troppo bene, all’interno della stessa cella, tanto che gli agenti non hanno impiegato molto a trovarli.

I due detenuti, entrambi della zona limitrofa a Civitavecchia, avevano già mostrato un atteggiamento molto spavaldo fin dal loro ingresso in carcere, avvenuto qualche mese fa. In alcune circostanze, quando la direzione del penitenziario consente di fare videochiamate ai familiari, naturalmente con telefoni di proprietà dello stesso penitenziario e che poi vengono immediatamente ritirati appena finita la videochiamata, li avevano osservati “esagerare” e per questo gli investigatori avevano iniziato a controllare anche i loro profili social. E da lì hanno poi notato l’altro giorno il video postato su TikTok. «Non è certo la prima volta che detenuti riescono a pubblicare dei video registrati all’interno di un carcere - afferma il coordinatore regionale Ciro Di Domenico, della Cgil Fp Polizia Penitenziaria - ma stavolta, la capacità di osservazione e controllo palmo a palmo della Penitenziaria di ogni cella detentiva, ha permesso l’individuazione quasi immediata del locale ripreso nei due video apparsi sul social network». 

L’uso degli apparecchi

A Di Domenico si aggiunge anche Mirko Manna, segretario nazionale della Cgil Polizia Penitenziaria: «L’utilizzo di telefonini in carcere non è, come qualcuno si ostina a sminuire, un banale mezzo per rimanere in contatto con i propri cari, ma è sia uno strumento di controllo e sopraffazione dei detenuti più pericolosi nei confronti dei più deboli, sia un pericoloso strumento per dare ordini o gestire traffici illegali all’esterno, continuando a mantenere il proprio status criminale nonostante la detenzione. Anche un banale video postato sui social network deve far riflettere quanto sia ancora diffusa la presenza di telefoni collegati anche ad internet all’interno delle carceri italiane». «La soluzione - conclude il sindacalista - non è la schermatura delle carceri perché ci potrebbero anche essere problemi per la salute dei poliziotti, quanto quella di potenziare la tecnologia per il ritrovamento dei telefoni e di altre apparecchiature, ma ancora prima, impedirne l’accesso stesso. Va riconosciuto anche il merito al Nucleo Investigativo Centrale (Nic) della Polizia Penitenziaria e a tutto il personale delle diramazioni regionali (Nir) per il monitoraggio e le indagini svolte anche in questo settore». 

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