Roma, “Checco dello Scapicollo” e le accuse al titolare. Condoni facili e tangenti, gli indagati ora sono 60

I fascicoli chiusi dalla procura sono due. I dipendenti pubblici coinvolti sono 16

Roma, condoni facili e tangenti, gli indagati ora sono 60. Sotto accusa anche il titolare del ristorante “Checco dello Scapicollo”
di Michela Allegri
4 Minuti di Lettura
Giovedì 30 Marzo 2023, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 19:30

All’interno dell’Ufficio condoni del Campidoglio c’era una sezione parallela che, su commissione e illegalmente, gestiva le pratiche manipolando le richieste e facendo ottenere concessioni e sanatorie non dovute. Sono due le inchieste della Procura di Roma su questa procedura illecita: gli indagati sono in tutto 60 e, sommando i fascicoli, i dipendenti pubblici accusati di corruzione sono addirittura 16. In 12 sono della società Risorse per Roma - interamente partecipata dal Campidoglio -, tre erano in servizio all’Ufficio condoni e uno all’Agenzia delle entrate. Tra i clienti ci sono anche nomi noti, come quello del gestore di un famoso ristorante romano, frequentato da vip e calciatori.

La procedura

L’ultimo fascicolo chiuso dagli inquirenti - il pm Carlo Villani ha notificato agli indagati un avviso di conclusione delle indagini - riguarda 20 persone.

In questo caso il sistema era gestito da Marco Ursini, funzionario del Campidoglio, assegnato all’Ufficio condono edilizio. Avrebbe ricevuto da decine di soggetti regali e soprattutto denaro per verificare abusivamente lo stato delle pratiche e spingerle su una corsia preferenziale, spesso falsificando la documentazione per fare ottenere concessioni e sanatorie. L’uomo, oltre che di corruzione, è accusato anche di accesso abusivo al sistema informatico. I casi contestati dalla procura sono decine. Solo per fare un esempio: su richiesta del tecnico Paolo Solinas - addetto alla fatturazione del servizio di «calcolo degli oneri», pure lui indagato - avrebbe analizzato 15 pratiche di concessioni in sanatoria. Solinas, per l’accusa, avrebbe presentato false perizie, in modo da permettere al suo cliente di «omettere di versare a Roma Capitale 187mila euro», si legge nel capo di imputazione. Ursini avrebbe ricevuto «una somma imprecisata», ma sicuramente più di 10mila euro, secondo l’accusa. Mentre il tecnico avrebbe ottenuto più di 5mila euro per la falsa perizia. Indagata anche Cristiana Berardi, pure lei dipendente dell’Ufficio condono edilizio. Insieme a Ursini sarebbe stata pagata sottobanco per fare ottenere a un geometra «illecitamente la positiva definizione di pratiche di competenza dell’ufficio depositate dai suoi clienti», annota il magistrato nel capo di imputazione. Ursini si sarebbe procurato informazioni riservate sullo stato delle pratiche, avrebbe anche predisposto «gli atti idonei a superare i rilievi negativi» e suggerito «come avvicinare la responsabile dell’istruttoria». Lui avrebbe ricevuto una somma imprecisata: almeno 3mila euro in contanti, dei quali la metà consegnata alla Berardi. Un trattamento che sarebbe stato riservato a un lungo elenco di clienti, tutti finiti sotto inchiesta, come l’imprenditore, Ilario Mattei - che curava gli interessi di società sanitarie -, avrebbe pagato a Ursini 43.510 euro. Gli avrebbe fornito informazioni sullo stato di pratiche pendenti, riguardanti la restituzione di oneri concessori. E il dipendente pubblico avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti per incassare il denaro.

Il ristoratore

Indagato anche Francesco Testa, titolare del noto ristorante Checco allo Scapicollo, frequentato da vip e calciatori. Con l’intermediazione del tecnico Paolo Dattero avrebbe promesso e consegnato a Ursini e alla Berardi denaro per «sanare abusi edilizi effettuati sul complesso immobiliare appendice al locale». Il problema era che «l’edificazione delle opere era avvenuta fuori termine», secondo l’accusa. Emerge anche dalle intercettazioni: «Hanno fatto il condono dell’85 con le opere fatte nell’88... è troppa cubatura... Bisogna trovà un metodo, non lo salva manco la penicillina», dicono alcuni indagati. Secondo il pm, il dipendente del Comune avrebbe «concordato di attivarsi per procurare fatture false al fine di sostenere la realizzazione delle opere entro i termini di legge», mentre la Berardi lo incalzava: «Tutto quello che si può inventare... tocca inventarselo». Per gli inquirenti il tecnico avrebbe firmato una relazione corredata da «riprese aeree» storiche commissionate a una società, per dimostrare che «gli abusi erano iniziati già a partire dal 1980», quindi entro i termini di legge. I fatti risalgono all’estate del 2017.

© RIPRODUZIONE RISERVATA