Tor di Quinto, via i sigilli: riapre il poligono del killer Claudio Campiti

Qui prelevò la pistola con cui uccise 3 donne alla riunione di condominio. I controlli evidenziano irregolarità in quasi tutti i poligono provinciali. La strage poteva essere evitata

Tor di Quinto, via i sigilli: riapre il poligono del killer
di Alessia Marani
4 Minuti di Lettura
Giovedì 30 Marzo 2023, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 09:49

È stato riaperto il Poligono di Tor di Quinto a cui la Procura di Roma aveva messo i sigilli all’indomani del massacro avvenuto l’11 dicembre scorso durante la riunione di condominio nel bar di Fidene in cui Claudio Campiti fece fuoco all’impazzata uccidendo tre donne e ferendo quattro persone. L’uomo era socio della struttura, quel sabato mattina andò lì, prelevò la pistola Glock che gli addetti gli consegnarono chiusa in una valigetta, ma non percorse i 600 metri fino alla linea di tiro come faceva di solito: risalì in macchina, con una forbice tagliò la fascetta di sicurezza della custodia e compì la strage. Da pochi giorni all’interno dello storico campo di tiro si è tornati a sparare per le esercitazioni di pubblica sicurezza, muniti di un’arma propria. Resta sotto sequestro, però, l’armeria. 


LE CRITICITÀ
Gli inquirenti vogliono avere chiaro, infatti, se e chi, avrebbe potuto impedire la strage. Nella lente del pm Giovanni Musarò è finito il regolamento dell’associazione firmato dal suo presidente. Dopo la tragedia è partita una rigorosa serie di controlli da parte della polizia ai poligoni di Roma e provincia proprio per capire se - e, in caso, scongiurare - quanto accaduto a Tor di Quinto si possa mai ripetere. Le ispezioni stanno proseguendo a ritmo spedito e delle 35 strutture nel mirino della Questura, ne sono già state passate al setaccio oltre la metà. Entro l’estate i controlli dovrebbero concludersi.

Ebbene? Quasi tutti gli impianti esaminati hanno presentato delle criticità.

In tutti i casi (l’unico in regola quello di Tivoli) i responsabili sono stati denunciati per reati in materia ambientale, dal momento che non venivano correttamente smaltiti il piombo e le plastiche utilizzate per il munizionamento e per i piattelli. Al poligono di San Vittorino sono state sequestrate ben tre linee di tiro. Non basta. Le strutture in cui si spara sono suddivise per l’esattezza in Tiri a segno nazionali, Tiri al volo e poligoni privati. È in questi ultimi che gli agenti non hanno trovato segnati nel registro delle operazioni giornaliere coloro che vanno a sparare pur non avendo il porto d’armi, nonostante le strutture risultino convenzionate con polizie locali, forze dell’ordine e militari per l’addestramento. Il che vorrebbe dire che, nel caso vi fosse un incidente come quello avvenuto nel novembre del 2021 al poligono militare di Abbasanta (Oristano) in cui durante un’esercitazione fu ucciso l’agente Sergio Di Loreto, non si potrebbe mai risalire con esattezza a chi era presente o meno sulla scena. Non basta. 


LA STRAGE SI POTEVA EVITARE
Non registrando neppure il tipo d’arma usata, potrebbe accadere che in questi luoghi i colpi siano sparati “a raffica”, ossia al pari di armi “da guerra” e allora tutte le dotazioni tecniche di sicurezza non sarebbero più idonee. Resta poi il nodo più importante: quello della custodia e della consegna delle armi. La normativa non è chiara. Il codice militare prevede che nelle esercitazioni le armi siano consegnate e riprese direttamente sulla linea di tiro.

 

Ma poi si demanda ai singoli regolamenti per cui non è stabilita alcuna circolare o direttiva specifica: ecco, quindi, che può accadere come a Tor di Quinto (che sorge su terreno demaniale) che ci siano persone “a spasso” con un’arma in mano. Alcune strutture come quelle di Tivoli e Velletri stanno cambiando i regolamenti per renderli più restrittivi a tutela della pubblica sicurezza. Infine, il nodo armerie: a molte mancherebbe l’autorizzazione dei vigili del fuoco. Anche qui sarebbe stato fatto un pasticcio da diverse strutture: non basta infatti l’autorizzazione della Questura alla detenzione di armi e munizioni, trattandosi di materiale esplodente, occorre anche il nullaosta dei pompieri. Anche in questo caso, alcuni impianti hanno richiesto una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) per avere un sopralluogo dei tecnici del 115 e poter continuare in maggiore sicurezza. Insomma, la strage di Campiti poteva essere evitata. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA