Cinghiate e morsi ai figli: a giudizio padre-padrone. La vicina: «Vivevano nel buio e nella muffa»

Il 54enne si è difeso in aula urlando: «Non sono una bestia, se li avessi picchiati davvero li avrei uccisi. Loro plagiati dalla madre: fanno parte di una setta satanica»

Cinghiate e morsi ai figli: a giudizio padre-padrone. La vicina: «Vivevano nel buio e nella muffa»
di Andrea Noci
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Sabato 27 Maggio 2023, 07:14 - Ultimo aggiornamento: 28 Maggio, 12:00

«Non mi rompere, vedi che mo ti incapretto, torna a studiare». Questa sarebbe solo una delle minacce che J.S., meccanico romano di 54 anni, rivolgeva ai suoi due figli, vittime - secondo la Procura di Roma - di maltrattamenti in famiglia. Per questo l'uomo si trova a processo di fronte ai giudici della prima sezione penale collegiale del Tribunale capitolino. Ieri, in aula, l'imputato ha mostrato nel corso del suo esame un atteggiamento bellicoso, soprattutto per le urla, che hanno rimbombato nei corridoi del palazzo di giustizia. Il suo stesso avvocato difensore e il presidente del collegio, Alfonso Sabella, lo hanno richiamato più volte all'ordine, ma i carabinieri del corpo di piazzale Clodio sono stati comunque costretti a scortare verso l'uscita l'ex moglie, che era presente all'udienza. Il tribunale ha richiesto una perizia psichiatrica per capire se il meccanico sia capace di intendere e di volere.

DEGRADO E VESSAZIONI

I maltrattamenti sarebbero andati avanti fino all'ottobre del 2020, momento in cui il cognato ha deciso di querelare J.S., sul quale grava il divieto di avvicinamento alla casa dove vivono i figli insieme alla loro mamma, che si è costituita parte civile. Secondo quanto raccontato da una vicina chiamata a testimoniare, bastava un attimo perché il 54enne scatenasse la sua furia contro i due figli minorenni o la moglie. Avrebbe costretto la famiglia a vivere al buio, in una casa piena di muffa e polverosa. «Sembrava più un magazzino», ha commentato la dirimpettaia. Le attività sportive per i piccoli sarebbero state del tutto off-limits, così come la possibilità di andare al mare d'estate, per non parlare delle gite. «I primi giorni di scuola - ha riferito ieri in aula la professoressa del figlio più grande - si era presentato dicendo che non avrebbe potuto partecipare a nessun viaggio d'istruzione. Non faceva sport, non partecipava ai lavori di gruppo e spesso era un problema trovargli un compagno di banco». In un compito in classe di geografia la docente aveva chiesto alla classe di descrivere un luogo in cui gli studenti erano stati in vacanza. «Lui non aveva saputo rispondere perché non si era mai mosso da Roma. "Il mio sogno più grande è vedere il mare", mi aveva detto in quell'occasione», ha raccontato l'insegnante.

 

BOTTE E MINACCE

Le violenze sarebbero state anche fisiche. «Una volta ero nel giardino del palazzo insieme ai bimbi, senza il padre. Avevo accompagnato il più piccolo in bagno. Lì notai dei segni di cintura sulle gambe. Lui mi disse che era stato il papà. E poi spesso avevano dei morsi sulle guance. Mi spiegavano che era un gioco che faceva il padre», ha dichiarato la vicina di casa. I ragazzi potevano fare il bagno solo una volta a settimana, non a casa loro, ma dai nonni dirimpettai della famiglia. E anche in quelle occasioni partivano le minacce e gli insulti del padre: «Str...o ti ammazzo!».
L'imputato in aula ha negato tutto, urlando e sbattendo le mani sul tavolo.
La tensione era palpabile, così come la sensazione che potesse perdere completamente il controllo, anche data la sua imponente stazza fisica. «Io sono alto due metri e dieci - ha spiegato J.S. - sono pugile e karateka, se avessi davvero fatto certe cose ai miei figli adesso non sarebbero più qui. Sono stato dipinto per la bestia che non sono». Poi ha puntato il dito contro l'ex moglie e gli inquilini del palazzo: «Era lei a colpirli col mestolo, oppure li graffiava con le unghie, li offendeva e bestemmiava. Poi li ha plagiati, per questo poi hanno raccontato certe cose. Per non parlare dei vicini di casa: fanno tutti parte della stessa setta satanica».

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