«Il mondo di fuori io non l’ho vissuto, oggi vedo mia figlia in quinta elementare che studia a Roma, guardo i libri e tra me e me dico: “Caspita, perché di tutte queste bellezze io non so niente?”. Ho sempre vissuto in casa, tra quattro mura». È questo il racconto di Simona Zakova, ex moglie di Raffaele Casamonica, ascoltata come testimone nel procedimento in cui sono accusati di usura, estorsione e altri reati, a seconda delle posizioni, diversi esponenti delle famiglie Casamonica e Di Silvio. In passato, come racconta lei stessa, aiutava il padre delle figlie a raccogliere i soldi delle vittime di usura. In un primo momento era consapevole delle proprie azioni, nel periodo successivo ha detto di essere stata costretta dal suocero Ferruccio, quando Raffaele era finito in carcere nel 2015. Oggi è collaboratrice di giustizia, vive in una comunità protetta insieme alle sue due bimbe e tutte e tre hanno nuove identità.
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IL RACCONTO
L’amore nasce nel 2004, in Repubblica Ceca. «Lui si è presentato con un altro nome, mi aveva detto di essere un imprenditore insieme al papà», anche se alla fin dei conti «io non l’ho mai visto lavorare».
LE REGOLE
Niente amiche, libertà solo per fare la spesa, ma comunque con i minuti contati. «Non potevo vestirmi come volevo, far vedere le mie forme voleva dire mancare di rispetto al padre», è la confessione della testimone. Con la suocera Gelsomina Di Silvio, la potente matrona, che fino al 2009 avrebbe gestito «la cassa di famiglia», come testimoniato da Zakova, il rapporto è conflittuale. «È cattiva», si sfoga l’ex nuora. Quando Ferruccio lascia la moglie per stare con un’altra, Gelsomina dà la colpa a lei. I soprusi sono ricorrenti, stando alla testimone: «Lanciava le pietre mentre camminavo». Poi sono arrivate le minacce con l’acido: «Era la sua arma». Non la sola a disposizione di Gelsomina. Un giorno Raffaele è al pronto soccorso di Marino. Gelsomina e Simona, che ha con sé la figlia minore, lo accompagnano. Ma passa troppo tempo e la bimba inizia ad avere fame. Lei avvisa e porta la piccola a casa, ma «la madre di Raffaele Casamonica, - dichiara - mi ha inseguito con la macchina, e quando mi sono fermata davanti casa, è uscita fuori dalla sua auto, ha tirato fuori il coltello e me l’ha messo in faccia, nonostante mia figlia fosse sul sedile». Alla fine la decisione, sofferta, di schierarsi con la giustizia, chiedendo aiuto ad un centro antiviolenza. È il 2017. «Preferivo morire piuttosto che continuare a vivere così - afferma commossa - Ho preso le bimbe, abbiamo fatto finta di andare a scuola, con due zainetti abbiamo lasciato quella casa».
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