Roma, autista morto per l’amianto sui bus: Cotral condannata. L’azienda deve risarcire con 157mila euro i 2 figli

Arrivata la sentenza sulla morte di Vincenzo Cecchini, avvenuta nel 2011 per un adenoma polmonare

«La morte dell’autista per l’amianto sui bus», Cotral condannato. L’azienda deve risarcire con 157mila euro i 2 figli
di Erika Chilelli
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Lunedì 9 Gennaio 2023, 22:29 - Ultimo aggiornamento: 22:31

Cotral spa è stata condannata dal tribunale di Roma ad un risarcimento in favore dei familiari di Vincenzo Cecchini, autista di linea morto a 59 anni, nel 2011, per un adenoma polmonare da amianto, sostanza a cui l’uomo è stato ripetutamente esposto durante i turni di lavoro. La sentenza, arrivata ieri, a più di dieci anni dalla morte ha stabilito per i due figli della vittima, Stefano e Claudio che all’epoca del decesso avevano 30 e 31 anni, un risarcimento complessivo di 157mila euro riconoscendo anche un danno biologico di natura psichica.

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LA MALATTIA

Per dieci anni Vincenzo Cecchini ha lavorato per la compagnia di trasporti mettendosi, ogni mattina, alla guida dei Cotral di linea e occupandosi anche della manutenzione delle scale mobili delle stazioni metropolitane della Capitale.

Poi, a novembre del 2010 la scoperta della malattia lo ha costretto a lottare per la propria vita: il 59enne, affetto da un adenocarcinoma polmonare da amianto, è morto otto mesi dopo, il 22 luglio del 2011. Fin da subito, però, i dubbi sulle cause della malattia hanno condotto i familiari, la moglie e i due figli della vittima, a cercare risposte puntando l’attenzione sull’ambiente di lavoro dove, presumibilmente, l’uomo era entrato in contatto con le sostanze tossiche. I mezzi di trasporto, autobus e pullman, guidati da Cecchini, infatti, erano realizzati con materiali che contenevano tracce di amianto al quale l’uomo, senza adeguati sistemi di protezione individuale e di strumenti di prevenzione tecnica, era stato ripetutamente esposto. Ad accrescere i rischi per la salute anche i residui di combustione, il benzene ed altre sostanze cancerogene inalate sul luogo di lavoro. È quanto ricostruito dai consulenti tecnici che hanno riconosciuto la sussistenza del nesso tra l’esposizione lavorativa e l’insorgere della malattia diagnosticata e sostenuto che «non può non dubitarsi della responsabilità della società resistente per l’omessa adozione di cautele che avrebbero ridotto il rischio».

I DANNI

Ieri il giudice del tribunale del Lavoro, Valentina Cacace, ha stabilito un risarcimento danni, complessivo, di 157mila euro in favore dei due figli della vittima, riconoscendo anche un danno biologico di natura psichica: dopo aver scoperto la diagnosi, infatti, l’integrità psico-fisica di Cecchini è stata compromessa poiché l’uomo era in grado di capire la gravità delle sue condizioni di salute. Decisiva per l’esito della sentenza anche la precedente disposizione del tribunale di Roma che ha confermato in appello, a dicembre del 2022, la condanna di Cotral spa al pagamento in favore della vedova Cecchini, Laura Cristofanelli, di un risarcimento danni di circa 78mila euro. «L’azienda prende atto della sentenza disposta dal Tribunale di Roma e precisa che si tratta di fatti risalenti ad oltre vent’anni fa - ha affermato Cotral dopo la decisione del giudice - nessun lavoratore impiegato presso gli impianti di Cotral Spa, è attualmente esposto al contatto con componenti che contengono polveri e fibre di amianto». Ad esprimersi sull’esito della vicenda anche Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto che segue i processi in corso contro Cotral spa, dopo che alcuni lavoratori sono stati collocati in prepensionamento amianto: «Non sarà possibile restituire alla famiglia il loro caro, ma abbiamo ottenuto giustizia e un po’ di pace», ha dichiarato Bonanni.

IL KILLER “SILENZIOSO”

L’amianto continua a mietere vittime: ad essere causa scatenante di malattie mortali sono le sostanze respirate negli ambienti di lavoro senza adeguate misure di protezione per i dipendenti. Il 30 agosto del 2022 il tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Difesa al risarcimento di 1 milione e 300mila euro per la morte del 59enne Camillo Limatola, sott’ufficiale motorista della Marina deceduto ad agosto del 2013 in seguito ad un mesotelioma da esposizione ad amianto. L’uomo aveva prestato servizio in diverse basi militari a Napoli e in Sardegna, tra il 1973 e il 1978, entrando in contatto con la sostanza tossica che gli è stata letale.
 

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