Nel più importante ospedale romano che si occupa solo di bambini, c'è un fenomeno esploso: in un reparto, quello di Pediatria ad alta complessità assistenziale e che si prende cura dei bambini e dei ragazzi che hanno patologie davvero complicate, un letto su tre è occupato da piccoli che hanno disturbi alimentari. Patologie difficili da sradicare in un batter d'occhio e che sono aumentate a dismisura dopo il Covid e al termine delle ultime festività di Pasqua.
LE MOTIVAZIONI
In un lavoro pubblicato sulla rivista scientifica Italian journal of Pediatrics, sono stati proprio gli studiosi del Bambino Gesù e dell'Istituto superiore di Sanità a certificare questo nuovo danno della pandemia che fotografa una condizione principalmente legata a Roma.
Numeri molto alti che comunque evidenziano anche la presenza di un sommerso che ancora si nasconde tra le mura domestiche, dove possono esserci genitori che si rendono conto solo quando è davvero troppo tardi di sintomi molto strani ma che palesano un malessere da trattare. «Il lockdown prima e le restrizioni della socialità dopo hanno fatto da detonatore per un malessere che era spesso già presente, a volte in maniera meno manifesta a volte di più - spiega la dottoressa Valeria Zanna, responsabile di anoressia e disturbi alimentari del Bambino Gesù - Il Covid e la quarantena sono stati sicuramente fattori di accelerazione, ma molte di queste ragazze e di questi ragazzi erano già allenati a mangiare di nascosto, a vomitare di nascosto, a vivere di nascosto». Chi entra in ospedale non viene lasciato solo. Ed è fortunato perché supera la semplificazione (tutta sbagliata) che anoressia e bulimia sono cose che si risolvono mangiando o evitando di farlo. La cura si fa multidisciplinare, passa attraverso visite specialistiche, colloqui psichiatrici, analisi del sangue che monitorano i livelli di funzionalità degli organi interni. Perché, in fondo, con l'anoressia e la bulimia non ci si scherza. E uscirne non è un gioco da ragazzi.
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