Roma senza tempo: dai marmi d'Augusto al Colosseo dell'Eur

Augusto affermò di aver trasformato Roma da città di legno a città
di Claudio Strinati
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Domenica 21 Aprile 2019, 10:07
Augusto affermò di aver trasformato Roma da città di legno a città di marmo quasi cancellando la Roma repubblicana. Ma dopo duemila anni la stessa Roma imperiale è percepibile soltanto per poche anche se eccelse emergenze. La Domus Aurea di Nerone che copriva uno spazio immenso dal Colle Oppio al Palatino fu totalmente cancellata, subito dopo la morte dell'imperatore, giacendo sepolta per mille e quattrocento anni. Nell'area di un laghetto della Domus fu ben presto costruito il Colosseo ed è sempre rimasto in piedi come i vicini Arco di Costantino, Arco di Tito, Arco di Settimio Severo sulla grande spianata del Campo Vaccino, ora Foro Romano. Restano anche alcune colonne coclidi erette per celebrare Traiano o Marco Aurelio e gli obelischi portati dall'Egitto, poi crollati a terra e rialzati da papi come il francescano Sisto V alla fine del Cinquecento. Un tipo di assetto urbano e architettonico di cui ancora si percepisce la continuità dell'Antico col Moderno.

Così la via Lata dei romani ha mantenuto il suo assetto e oggi è via del Corso che continua nella via Flaminia per arrivare dritti al Ponte Milvio. E questo esiste ancora anche se profondamente rinnovato e restaurato nei secoli. Vi passò Costantino vincitore di Massenzio portando a Roma una nuova religione di Stato di cui, milleduecento dopo, è segnale la chiesa cinquecentesca di S. Andrea di Jacopo Barozzi da Vignola, un progettista che dette contributi decisivi a quello che chiamiamo il Rinascimento, basandosi sul Trattato di Architettura del romano Vitruvio vissuto proprio quando Augusto stava avviando il progetto di trasformazione radicale della città della conquista e del dominio sul mondo. Vignola riprese il modello del Pantheon, monumento per antonomasia simbolo della sopravvivenza alla distruzione della città antica durante il cosiddetto Medioevo, insieme con la statua bronzea creduta per secoli di Costantino conservata nell'area lateranense e, riconosciuta come Marco Aurelio, trasferita al Campidoglio da Michelangelo Buonarroti, simbolo imperituro della Roma classica.

La statua imperiale ricordava la quintessenza del progetto urbanistico antico relativo all'unità della cittadinanza uscita dalle guerre civili di Pompeo, Cesare, Antonio.

Soprattutto restavano latenti nelle coscienze dei cittadini del Rinascimento gli spazi teatrali, termali e basilicali che qualificano la città insieme con la rete degli acquedotti di cui ancora si leggono tracce fuori e dentro terra.
Certo la Roma augustea e post augustea è ancora oggi spezzata e a terra anche a seguito delle cosiddette invasioni barbariche di Alarico, Genserico, Odoacre che saccheggiarono e distrussero, inducendo s. Gerolamo a un accorato rimpianto e s. Agostino all'auspicio dell'avvento della Civitas Dei previa distruzione della Roma imperiale. Nel corso del Medioevo tanti ruderi divennero Rocche fortificate dei Baroni romani per spartire il controllo di una città sempre più spopolata e desolata fino a che, nella prima metà del Trecento, partiti i Papi per Avignone, cominciò a delinearsi un nuovo possibile assetto che ricalcasse le strutture antiche in una città prostrata.

A partire dal Palazzo di Venezia nasce nel Quattrocento il grande progetto dei palazzi monumentali e delle piazze razionalizzanti lo sviluppo urbano. Nel Cinquecento l'idea del progetto globale interessa le vie rettilinee che ridistribuiscono gli spazi e i luoghi dell'esercizio del potere come nell'asse di Via Giulia che Giulio II fece progettare dal Bramante per creare un nuovo fulcro della città moderna culminante in Piazza Farnese dove operano Antonio da Sangallo il giovane e Michelangelo. Da queste idee di rinascita di un Antico avvertito vivo e pulsante nascerà il progetto della città barocca caratterizzata dall'immensità degli spazi urbani e dalla monumentalità delle chiese. S. Pietro fu totalmente ricostruito a partire dalla primitiva chiesa paleocristiana, e così furono le basiliche maggiori di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura.
Accanto cresceva il riassetto urbano dei possenti palazzi nobiliari che insistono su aree dove la storia si stratifica nei secoli anche rimescolando le classi sociali come nel caso emblematico del circo agonale diventato Piazza Navona.

L'apoteosi di questa progettazione cade nella prima metà del Settecento, quando l'Illuminismo genera a Roma un modello razionalistico volto a definire i parametri di una corretta integrazione fra vita delle classi popolari e classe dirigente. La sistemazione definitiva del palazzo del Quirinale, l'edificazione del Palazzo della Consulta e della Fontana di Trevi, sono segnali formidabili della nascita a Roma dell'edilizia moderna e di un progetto urbano progressista proprio nella città dei Papi.

Quando arriva poi l'Unità d'Italia e l'esigenza della costruzione dei Ministeri, dei palazzi del potere, della Banca d'Italia, dei quartieri della borghesia imprenditoriale e finanziaria, verrà annichilita la città delle Ville nobiliari come quelle Ludovisi, Aldobrandini, Pallavicini, in parte Borghese, in parte Doria Pamphilj, in parte Albani e Torlonia. Ne prendono il posto Via Veneto, Via Nazionale, la Stazione Termini, i quartieri Prati e Parioli. Eppure Roma resta una delle città più verdi del mondo.

Ancora nell'era fascista l'eredità rinascimentale e illuminista resta alla base della progettazione urbana. Addirittura il fascismo inventa l'idea progettuale delle città nella città: la città universitaria, Cinecittà, Via dell'Impero, l'EUR, Il Foro Italico sono altrettanti progetti organici e conchiusi in cui a determinate funzioni della vita sociale e personale, sono assegnate aree specifiche con una doppia componente di tronfia retorica e di consapevolezza storica tra antichità classica e razionalismo.

Sembra evidente come il progetto dei Fori Imperiali immesso in una dimensione urbanistica moderna denoti comunque una visione della città e una strategia di utilizzo e fruizione che non possono essere ridotti alla retorica di Regime. Una difficoltà forse insuperabile continua a torto da decenni a contrapporre detrattori e sostenitori di questo asse viario ma è notevole osservare come il solo fatto che un tale punto sia costantemente riesumato e discusso dimostra come in effetti i nostri predecessori avessero visto giusto nell'individuare quella via di sviluppo quale cerniera ancora una volta del moderno rispetto all'antico ma nel nome della sacrosanta compresenza e del sostanziale rispetto della stratificazione quale simbolo di peculiarità assoluta della città eterna.

L' EUR, poi, in particolare è ancora adesso il riferimento necessario per le nostre riflessioni sul futuro della città e sulle sue infinite potenzialità. Il fatto che quel gigantesco complesso venisse pensato e progettato per l'Esposizione Universale del 1942 che doveva al contempo celebrare il ventennale della Marcia su Roma, oggi come oggi appare del tutto relativo per la formulazione di un giudizio storico e urbanistico.
L'idea di base di questo nuovo assetto che veniva ad aggiungersi a uno sviluppo durato millenni era quella dell'espansione in direzione sud ovest verso il mare, secondo un possibile modello che ancora un volta ricollegasse una inequivocabile vocazione storica della città alla sua capacitò di esprimere il nuovo proprio perché scaturito dalle posizioni dell'Antico.

L'EUR nasce dall'intuizione di collegare le Terme di Caracalla, un complesso immane destinato allo sport, alla ricreazione dei cittadini, alla cultura, all'incontro sia interessato sia disinteressato, a un asse viario fondamentalmente rettilineo, la Via Imperiale che poi è stata chiamata Cristoforo Colombo, fino a sfociare nella antichissima e sacra zona delle Tre Fontane in un nuovo Foro costituito da un complesso di edifici, nitidi e largamente privi di quella stessa retorica da cui in qualche modo erano scaturiti onde dimostrare l' estensione della città non nell'ottica del Centro e della Periferia contrapposte in modo insuperabile (e, però, fu il Duce stesso con la politica delle borgate ad avallare tale catastrofico errore) ma nell'ottica della continuità del cammino antico, perché la quintessenza di Roma veniva vista sostanzialmente nell'ingegneria delle strade e degli acquedotti.

Poi le vicende belliche non permisero di dare un assetto completo e ordinato al visionario e nel contempo concretissimo programma ma ancora una volta rifulgeva la capacità progettuale di architetti come Pagano, Piccinato, Libera, Lapadula, Moretti, che si erano in parte formati sul razionalismo e pure lo calavano nelle forme di una retorica e metafisica rievocazione di un passato mai esistito invero in quelle forme. Il capolavoro in tal senso fu il Colosseo Quadrato l' edificio che non ha articolazioni ma è solo struttura, dalla forma paradossalmente minimalista e dal contenuto massimalista.

L'intento era la celebrazione del genio italico, una espressione che oggi suona come improponibile retorica ma il culmine del progetto nella Piazza dedicata a Guglielmo Marconi, scomparso nel '37 proprio mentre il piano dell'EUR prendeva corpo, il nuovo Leonardo da Vinci come si sosteneva negli ambienti intellettuali del tempo, era un segno formidabile di un orgoglio con qualche elemento di legittimazione.

Arturo Dazzi non potè vedere montato l'obelisco che aveva creato in onore di Marconi e che oggi ben pochi guardano, e i blocchi giacquero come abbandonati per molti anni dopo la guerra. Emblematico segno del destino. Ma l'EUR conteneva in sé i germi della sua stessa logica espansione e non possiamo non ricordare come fossero le Olimpiadi del 1960 a scatenare una nuova fase progettuale che innestava nelle strutture fasciste l'ultramoderna potenza strutturale espressa da Nervi e i suoi e che arriva fino alla controversa Nuvola di Fuksas.
 
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