Alice: «Battiato? È in me e io adesso canto la sua spiritualità»

Oggi alla Feltrinelli l'artista presenta il disco “Eri con me”

Alice: «Battiato? È in me e io adesso canto la sua spiritualità»
di Mattia Marzi
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Lunedì 28 Novembre 2022, 08:12

Tutti cantano e celebrano Battiato. Ma nessuno lo fa come Alice. Era il 1980 quando Battiato, che aveva alle sue spalle già due dischi di grande successo popolare come L'era del cinghiale bianco e Patriots (e di lì a poco avrebbe spedito nei negozi La voce del padrone, un milione di copie vendute grazie a hit come Cuccurucucù e Centro di gravità permanente), prese Carla Bissi questo il vero nome di Alice sotto la sua ala protettiva dopo alcuni 45 giri che non avevano ottenuto il successo sperato e rese la cantante di Forlì una popstar, prima con Il vento caldo dell'estate e poi con Per Elisa. Fu solo l'inizio di uno dei sodalizi più speciali della musica italiana, portato avanti negli anni e culminato nel 2016 con un tour congiunto che collezionò sold out ovunque.

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A un anno e mezzo dalla scomparsa del cantautore siciliano, mentre continuano a uscire libri, film e altri progetti dedicati all'artista, dopo esserne stata musa e alter-ego femminile per una vita intera, Alice si fa «strumento della musica di Battiato e di ciò che ha trasmesso». Incidendo un disco, Eri con me, appena uscito, che la vede reinterpretare insieme al pianista Carlo Guaitoli e ai Solisti Filarmonici Italiani alcuni brani del repertorio di Battiato: Alice lo presenta oggi alle 18 alla Feltrinelli di via Appia.
Cosa vuol dire esattamente farsi strumento della musica di Battiato?
«Non canto o interpreto Battiato: lo vivo. Da parte mia c'è un'aderenza quasi totale rispetto a quello che Franco ha trasmesso e veicolato: è un bene prezioso che va alimentato e tenuto vivo».
Da Oriente a Occidente, Lode all'inviolato, Io chi sono?, L'addio, Sui giardini della preesistenza: come ha scelto le canzoni?
«C'è un filo che lega i vari pezzi del disco e che rappresenta il concept, se così si può definire, del progetto: ho scelto canzoni che si ricollegano alla spiritualità cantata da Battiato».
Nei suoi testi alludeva al buddhismo tibetano, ma anche i vangeli apocrifi: quanto era complicata la sua spiritualità?
«Più che complicata, direi fluida. Cercava risposte. Nell'ultimo inedito, Torneremo ancora, scriveva: Molte sono le vie, ma una sola quella che conduce alla verità. Finché non torneremo liberi, torneremo ancora. Non poteva mancare, in un disco del genere».
Non c'è Veleni, che Battiato scrisse per lei quando Fazio nel 2014 la invitò a partecipare a Sanremo, ma alla fine la scartò. Perché?
«Appartiene a un progetto importante, l'album che incisi quell'anno. Di pezzi leggeri, qui, ce ne sono pochi».
Non c'è nemmeno Per Elisa. Ha fatto pace con quella canzone?
«Oggi nei concerti la canto, ma c'è stato un periodo in cui ne ero satura. Non la volevo più cantare. Una volta in occasione di un tour europeo che feci nel 1996, mi misi in testa di riarrangiarla. Con Robby Aceto, Ben Coleman, Mick Karn e Steve Jansen, i musicisti che mi accompagnavano sui palchi, la rifacemmo in versione molto progressive. La feci sentire a Battiato».
E gli piacque?
Macché. Non arrivò alla quarta battuta: Stop!', urlò (ride)».
La cura è forse la canzone più enigmatica e fraintesa di Battiato. Una preghiera per sé stessi, una promessa d'amore: che interpretazione le ha dato?
«Quella che diede Franco: parlava dell'amore terreno più elevato.

Franco ha trasmesso amore a vari livelli per tutta la sua vita, soprattutto a livello superiore, senza citare la parola amore se non in rarissimi casi».

LaFeltrinelli, via Appia Nuova 427. Oggi, ore 18.
 

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