Emmanuele Catananzi investito a Tor Bella Monaca, l'autista: «Ho evitato un’altra auto, non l’ho visto»

Il trentenne era sul marciapiede e stava facendo una videochiamata alla fidanzata

Emmanuele Catananzi investito a Tor Bella Monaca, l'autista: «Ho evitato un’altra auto, non l’ho visto»
di Alessia Marani
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Sabato 11 Febbraio 2023, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 14:47

«Ricordo solo una macchina che è sbucata fuori improvvisamente da via Carlo Labruzzi poi più niente». Non si era messa alla guida sotto l’effetto di alcol o droghe, la donna di 46 anni che a bordo di una Bmw di grossa cilindrata giovedì pomeriggio intorno alle due e mezza ha sbandato paurosamente colpendo e scaraventando un’altra auto in sosta contro un giovane di 30 anni che era sul marciapiede in via dell’Archeologia a Tor Bella Monaca. Un drammatico impatto in cui il ragazzo, Emmanuele Kleber Catananzi, non ha avuto scampo: è morto schiacciato tra i veicoli e a nulla è valsa la corsa disperata in ambulanza al policlinico di Tor Vergata. Gli esami tossicologici effettuati sulla 46enne dai sanitari hanno dato esito negativo. La donna era, dunque, lucida quando era alla guida, accanto al figlio maggiorenne che era con lei. È comunque indagata per omicidio stradale. 

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La signora, ascoltata dagli agenti del VI Gruppo Le Torri ha raccontato di non ricordare molto, anzi quasi nulla di quei drammatici momenti.

Solo di un altro veicolo che, forse, avrebbe disturbato il suo passaggio. Una circostanza, però, tutta da verificare, dal momento che, né dai rilievi eseguiti finora, né dalle testimonianze raccolte, sembrerebbe essere confermata la presenza di un ulteriore mezzo (oltre alla Bmw e ad altre due vetture tamponate) sul luogo dello schianto. 

La Bmw è stata, intanto, posta sotto sequestro e la Procura disporrà una perizia tecnica per valutare eventuali guasti o anomalie, anche se, con tutta probabilità, sarà la velocità l’elemento chiave da appurare in sede di indagini. Più testimoni, infatti, avrebbero riferito che «quell’auto andava veloce» e questo, eventualmente collegato a una distrazione, potrebbe averne fatto perdere il controllo alla conducente. Ieri il pm Mario Palazzi ha conferito l’incarico per l’autopsia sul giovane Emmanuele. «Confidiamo che si faccia al più presto per non aumentare ancora il grande strazio che stiamo vivendo - spiega con cordialità la sorella Debora, di quattro anni più grande, che risiede ad Anzio sul litorale - Mio fratello e io dalla Calabria ci siamo trasferiti nella Capitale per lavorare. Lui aveva trovato un impiego come cameriere. Era un ragazzo con grande amore per la vita, i suoi amici, la sua fidanzata con cui era andato ad abitare e una grande passione per la musica e la discoteca. Un destino ingiusto il suo così come quello di tante altre persone vittime di incidenti come questi, ormai tanti, troppi, nella Capitale». Emmanuele era, appunto, al sicuro. O almeno pensava di esserlo stando sul marciapiede. «Era al telefono, stava facendo una videochiamata, in tutta sicurezza, fermo sul posto quando è stato travolto da quell’auto», racconta ancora Debora. 

IL DESTINO 

Gli inquirenti acquisiranno anche i dati registrati nel telefonino del ragazzo per capire se vi possano essere tracce o elementi utili a chiarire la dinamica dell’incidente. In quel momento Emmanuele stava parlando con la sua ragazza quando all’improvviso lei ha sentito un tonfo. «Poi un ragazzo ha preso il telefono e siccome io ero incredula, mi ha girato la camera della videochiamata e l’ho visto. Dalla vita in giù sotto la macchina mentre provavano a rianimarlo», il racconto della ragazza. L’altro pomeriggio per poco la folla non voleva farsi giustizia da sé dopo lo schianto. Per acquietare gli animi sono dovuti intervenire anche i carabinieri. Emmanuele era di origini brasiliane. Con la sorella, da bambino, era stato adottato da una famiglia italiana che vive a Santa Cristina d’Aspromonte, in Calabria, ed è lì che la sua salma sarà riportata per il funerale. «Mio fratello e io abbiamo sofferto tanto nella vita, non meritava tutto questo», dice ancora Debora. 

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