Pirati, un museo tra le onde: al via nel Mar dei Caraibi un'impresa subacquea archeologica guidata da un'equipe di studiosi italiani

Pirati, un museo tra le onde: al via nel Mar dei Caraibi un'impresa subacquea archeologica guidata da un'equipe di studiosi italiani
di Laura Larcan
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Mercoledì 5 Marzo 2014, 13:15 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 16:10
Qualcuno gi lo definisce il Museo di Jack Sparrow, con un pizzico di euforia figlia della mania da blockbuster. In realtà si tratta di un’impresa di archeologia subacquea altamente scientifica nel Mar dei Caraibi. È nelle acque della Isla Vaca, l'odierna Île-à-vache, nel sud di Haiti, che un'équipe di studiosi italiani guiderà la realizzazione del Museo della Pirateria nell’ambito di un progetto di sviluppo turistico dell’area, finanziato dal ministero del Turismo di Haiti. La scelta del sito è strategica. «Alla fine del XVII secolo l’Ile-à-vache divenne il luogo di ritrovo dei più famosi corsari e pirati dell’epoca attivi nel Mar dei Caraibi - racconta Costantino Meucci, chimico conservatore e coordinatore del progetto - di lì il famoso capitano Henry Morgan partì per le razzie delle città di Puerto Rico e di Panama e, sempre nelle calme acque della grande laguna che circonda l’isola, l’ammiraglio dei pirati si rifugiava per ritemprare le forze e dividere il bottino».



Il mito dei tesori Chiaro che la leggenda dei tesori dei pirati caraibici è sempre stata viva. Così, secoli dopo la scomparsa di pirati e corsari, la loro ricerca è divenuta una sorta di gara alla scoperta più sensazionale. Il Museo, dunque, offrirà due suggestioni. Un'area subacquea protetta dove gli appassionati di snorkeling e immersioni potranno ammirare i resti di quegli sfortunati vascelli che alla fine del '600 si incagliarono sulla barriera corallina (o esplosero) e colarono a picco sotto la violenza di onde oceaniche dalla risacca spietata. E uno spazio a terra dove esporre reperti storici ripescati, e dove sarà attivato un laboratorio (il primo in assoluto) di restauro. L'operazione, molto più articolata, è stata illustrata ieri a Roma presso la Libreria Internazionale il Mare diretta da Giulia D'Angelo, coordinatrice di tante imprese italiane di archeologia subacquea. Ed è tutto pronto per la spedizione. Domani l'archeologo Claudio Moccheggiani Carpano, la scienziata del mare Marta Nardella, gli istruttori sub Ferdinando Calderini e Simone Moccheggiani Carpano partiranno e dal 10 marzo cominceranno le immersioni, che andranno avanti fino al 18 aprile.



L'idea di partenza Era maggio del 2013 e Meucci si trovava a Cap-Haïtien per dei sopralluoghi durante una missione dell’Unesco: «Rimasi stupito dai tanti reperti di provenienza subacquea che facevano bella mostra nei locali e chiesi ai colleghi locali se c’era una legge che li tutelasse. La risposta fu che non c’era personale specializzato». Da qui si cominciò a lavorare insieme su un progetto di formazione, confluito poi nell’operazione governativa di sviluppo turistico. Non a caso alla ricerca si uniranno due studenti della Sapienza e due haitiani. E Île-à-vache, uno dei paradisi rimasto integro, rappresenta il cuore dell’impresa. È nelle sue acque che si conserva infatti la flotta del bucaniere Morgan. La storia narra che nel 1669 il famoso pirata si ormeggiò con dieci vascelli a ridosso della Isla Vaca per festeggiare il sacco della città di Portobello. E la fregata Oxford, nave ammiraglia, esplose affondando in breve tempo. L'anno dopo una violenta tempesta fece naufragare la nuova ammiraglia, il vascello da 40 cannoni Jamaica Merchant, sulle scogliere coralline che circondano l'isola.



Nel 2004 una campagna di ricerche tedesco-inglese, in accordo col governo haitiano, trovò 5 relitti di cui due datati tra il 1696 e il 1698. «Da qui siamo partiti noi - dice Meucci - il museo interesserà un vasto giacimento a ridosso della barriera corallina di fronte alla Punta dell’Abacou, dove abbiamo fatto già un sopralluogo nel luglio del 2013». Qui, a varie profondità (dai 2 ai 6,5 metri) hanno individuati sparsi tanti oggetti, come sciabole e attrezzature di navi, ma soprattutto quattro ancora integre e una ventina di straordinari cannoni di diverso calibro. «Non escludo che ci siano residui dello scafo con resti lignei. L'ipotesi è che di tratti di un vascello a due ponti», riflette Meucci. L’idea è di creare un sito protetto con vincolo archeologico e paesaggistico. Il tutto procederà insieme al monitoraggio sull’habitat.



La barca hi-tech Grazie al supporto tecnico della ditta di nautica Stemar di San Liberato i ricercatori italiani useranno una minibarca hi-tech galleggiante e inaffondabile telecomandata con videocamera subacquea e Gps integrato: «Ci consentirà di avere una documentazione visiva e georeferenziata di eventuali altri relitti sul fondo», avverte Meucci. Il giacimento del museo raccoglie i resti di due vascelli, ma non è escluso che ce ne siano altri. Tutti della flotta di Morgan? «Possibilissimo - sottolinea Meucci - l'obiettivo è trovare i graffiti sui cannoni che indichino le fonderie di origine». L'aspetto più sorprendente del sito? «È lo spettacolo mozzafiato dell’accumulo dei cannoni con le ancore - ricorda Meucci - danno davvero l’impressione dello scivolamento di tutto il carico verso la prua, restituendo l'immagine del violento impatto del vascello sulla barriera corallina durante una tempesta, e l'affondamento». Al rientro in Italia, la documentazione raccolta servirà a elaborare il progetto definitivo del museo che sarà realizzato dal governo haitiano in collaborazione con l'Unesco. Pronti alle immersioni dalla primavera del 2015.
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