Studentessa cinese rapinata e travolta dal treno, a processo il macchinista: «Non diede l'allarme»

Studentessa cinese rapinata e travolta dal treno, a processo il macchinista: «Non diede l'allarme»
di Adelaide Pierucci
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Mercoledì 19 Settembre 2018, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 09:07

L'ha vista esitare a ridosso dei binari. Ha emesso il fischio del treno, ma poi non ha lanciato l'allarme. L'inchiesta sulla morte di Zhang Yao, la studentessa cinese di vent'anni investita da un treno nella stazione di Tor Sapienza, nel dicembre 2016, dopo essere stata scippata, ha portato a un solo potenziale colpevole: non il macchinista che l'ha travolta e nemmeno il borseggiatore, ma il conducente del treno regionale che, otto minuti prima dell'investimento, pur avendola vista in pericolo non ha avvertito la catena superiore omettendo così di stoppare gli altri convogli. L'indagato, un cinquantenne di Nettuno, sarà processato per omicidio colposo. Lo ha deciso ieri il giudice Antonella Minunni: il processo si aprirà a piazzale Clodio a febbraio. Secondo la ricostruzione della pm Giuseppe Bertolini, titolare dell'inchiesta, il macchinista «(che viaggiava da Tivoli a Roma Tiburtina) per negligenza, imprudenza o imperizia e l'inosservanza di leggi e regolamenti, ripartendo da Tor Sapienza pur scorgendo una persona lungo i binari, in prossimità del cavalcavia di via Guglielmo Sensoni, ed emettendo pertanto correttamente un fischio per richiamare l'attenzione, ometteva tuttavia di comunicare col mezzo più rapido, per esempio via radio, l'anomalia rilevata all'operatore di circolazione interessato».

IL SEGNALE
Il fischio, per l'accusa, è la prova che il macchinista ha scorto la ragazza e si è preoccupato. Senza, però, completare le manovre di allarme, ossia allertare il responsabile del traffico ferroviario nel tratto. «Otto minuti potevano bastare per salvare nostra figlia», hanno commentato i genitori di Zhang, che assistiti dall'avvocato Francesco Romanini, si sono costituiti come parti civili contro il macchinista: «Seguiremo tutto il caso. Indicheremo testimoni. Finalmente si delineano i contorni del dramma».

Dopo essere stata scippata da tre rom, tra cui Serif Severovic, il ventenne bosniaco ora a processo per la strage del Collatino (con l'accusa di aver incendiato il camper in cui sono morte bruciate tre sorelline rom), Zhang Yao era rimasta per undici minuti in lacrime al telefono con un'amica. Undici minuti ad alto rischio, al di là dei binari. La telefonata è stata interrotta dall'urto. Degli operai al lavoro al di là di una recinzione alta diversi metri hanno gridato a lungo: «Allontanati, è troppo pericoloso. Vai via». Ma non si sa se la ragazza non li abbia sentiti o capiti. Era là, sotto choc, si era arresa in quel punto quando ha capito che non ce l'avrebbe fatta più a recuperare la borsa con i documenti appena ritirati all'Ufficio Stranieri della Questura.
Le indagini così hanno escluso la responsabilità diretta dei bosniaci, condannati solo per lo scippo. Ma anche del conducente del treno che ha travolto la giovane. Sbucava da una galleria e viaggiava a 140 chilometri orari, non avrebbe fatto comunque in tempo ad arrestare la marcia. Appunto, non era stato avvisato del pericolo. Accuse respinte dal macchinista finito a processo: «Non ho notato nessuno». Una telecamera di sicurezza puntata sull'area ha immortalato il passaggio del primo treno che ha sfiorato la giovane. E dei testimoni hanno riferito di aver sentito nel passaggio un fischio.

 
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