Più di 200 "cold case" per Roma:
arriva la banca dati per risolverli

La firma del protocollo al Viminale
di Alessia Marani
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Mercoledì 8 Marzo 2017, 18:44 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 18:27
Ducentodue cold case per Roma. Uomini e donne che nessuno ha mai pianto, chiusi da anni nelle celle frigorifere e destinati ad essere seppelliti nel “campo degli invisibili” di Prima Porta. Sono tanti i cadaveri che giacciono senza un nome nei tre obitori della Capitale. Mercoledì pomeriggio nel palazzo del Viminale è stato firmato il protocollo che per la prima volta nel Lazio (dopo la Lombardia e la Toscana) stabilisce un percorso scientifico-legale per arrivare alla loro identificazione. E così sarà per il futuro: ecco la banca dati romana dei non identificati. Sarà, dunque, possibile, come auspicato da sempre dalle associazioni dei familiari di chi non è mai stato ritrovato, compilare in maniera codificata una scheda post-mortem per ciascun corpo con tanto di prelievo biologico che renderà possibile la comparazione con il Dna degli scomparsi denunciati a carabinieri e polizia. Passaggi che, finora, non erano affatto scontati. Anzi.

«Un protocollo importante, strategico - spiega il prefetto Vittorio Piscitelli, commissario di Governo per le persone scomparse - che renderà possibile mettere in rete in maniera sistematica tutte le informazioni circa un cadavere non identificato. Le Procure, le forze dell'ordine, gli uffici anagrafici dei Comuni, le Asl e gli istituti di medicina legale delle Università La Sapienza, Tor Vergata e Cattolica, avranno a disposizione canali e moduli precostituiti in cui fare confluire tutte le caratteristiche fisiche e specifiche in cui un corpo o resti umani sono stati rinvenuti. Ciascuno saprà cosa deve fare. Anche se i corpi non sono oggetto di reato, le autorità saranno obbligate a intervenire con esami autoptici e prelievi senza il pericolo che la Corte dei Conti contesti l'inoppurtunità di certe spese per le indagini".

Quella di Roma è una situazione critica: dai 190 non identificati del 2015 si è passati ai 202 dell'anno appena concluso. Tra i "fantasmi" ci sono efferati cold case come quello della donna trovata troncata di arti superiori e inferiori lungo la via Ardeatina nel 2009, ma anche anziani e barboni ammalati e finiti per morire nei pronto soccorso della città. Non mancano giovani tossicodipendenti falcidiati dalla droga nei primi anni '90 o stranieri morti bruciati nel fuoco dei loro giacigili di fortuna nelle periferie più emarginate. Persone a cui restituire un nome e, quindi, la dignità. «Si sono poste le basi per un lavoro importante le cui finalità hanno un notevole interesse sia sul piano umano che professionale. L'impegno della Procura non mancherà e l'auspicio è che il programma venga rilanciato su scala nazionale», la promessa del procuratore capo Giuseppe Pignatone, tra i firmatari del protocollo. «Abbiamo aderito molto volentieri, ci troviamo davanti a casi complessi, a volte negletti - ha aggiunto eugenio Gaudio, rettore de La Sapienza - si tratta di un impegno eticamente sensibile, confidiamo di ridare speranza alle famiglie che soffrono per la scomparsa dei loro cari. I nostri medici legali saranno in prima linea». 

Tra i presenti i delegati di Procura Generale, Anci, Regione Lazio, Comune, Università Cattolica e il rettore di Tor Vergata, Giuseppe Novelli. 

Un piccolo incidente diplomatico: le donne dell'Associazione Penelope Lazio (tra cui la mamma di Davide Barbieri, Laura Norma e la sorella di Mirella Gregori, Antonietta) non hanno potuto presenziare alla firma del protocollo. «Ci aspettavamo di essere coinvolti nella sottoscrizione del protocollo in prima persona, ma tant'è - afferma Andrea Ferraris, marito di Natalina Orlandi e presidente di Penelope Lazio - l'invito era arrivato a me e non potevo partecipare per impegni di lavoro. Ho chiesto che potessero partecipare nel giorno dell'8 marzo le nostre donne, ma ci è stato risposto che non era possibile per motivi organizzativi. Ce ne dispiace, è stata un'occasione persa per dare conforto a queste famiglie. Nel Lazio attualmente gli scomparsi ancora da ritrovare sono 445 e altrettante famiglie aspettano risposte».  

A Penelope Lazio risponde il prefetto Piscitelli: «Appare non comprensibile la lamentata macata concertazione di tali atti, di contenuto giuridico amministrativo, con l'associazione Penelope, cui non sono, invero, mancati negli anni momenti di incontro e di scambio di opinione sia in incontri privati che in pubbliche occasioni, quali convegni, anche internazionali, seminari di formazione e presentazione di relazioni semestrali. Collaborazione che non può essere confusa con i ruoli e le competenze».



 
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