Roma, l'assurda battaglia dei vigili: «No alle divise»

Roma, l'assurda battaglia dei vigili: «No alle divise»
di Lorenzo De Cicco
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Giovedì 5 Aprile 2018, 07:44
No, la divisa no! Tra i vigili romani è scoppiata una guerriglia sindacale per la libertà di dress code. Galeotto fu un ordine di servizio, firmato dal neo-comandante Antonio Di Maggio, dall'apparenza innocua e, tutto sommato, di buon senso: il mese scorso a tutti gli agenti della Municipale romana è stato prescritto di indossare l'uniforme, fatta eccezione ovviamente per chi è impiegato nelle delicate missioni in borghese. Direttiva impartita per arginare l'usanza, piuttosto diffusa negli ultimi anni, di sfoggiare in servizio un abbigliamento, come dire, molto casual, anche quando non è richiesto. Molti agenti, difatti, per andare a staccare multe o per smistare le auto agli incroci più trafficati, infilano sopra jeans e maglietta soltanto un fratino catarifrangente, modello automobilista incidentato, con la scritta «Polizia locale di Roma Capitale».
Di Maggio, nominato dalla sindaca Virginia Raggi a metà marzo, appena insediato sulla tolda di comando della Municipale ha messo al bando i giubbini senza maniche . Sia per questione di forma - «dobbiamo riscoprire l'orgoglio della divisa», ha scritto nella lettera d'insediamento - sia per ragioni di efficacia delle prestazioni. Perché vedere una divisa in strada può essere un ottimo «deterrente» per chi non ha buone intenzioni.

LETTERE E RECLAMI
Le bellicose corporazioni interne non la pensano allo stesso modo. E negli ultimi giorni hanno spedito alla sede del Comando una raffica di lettere di protesta, con le motivazioni più varie, chi lamentando la scomodità degli armadietti per cambiarsi, chi rimarcando il fondamentale apporto degli «abiti civili» per inseguire gli ambulanti senza licenza. Qualche agente ha rivelato ai superiori, con un filo d'imbarazzo, di non entrare più nelle vecchie divise per via dei chili di troppo. E così via, protestando. La Cgil, insieme ad altre sigle, il 20 marzo ha lamentato che i «locali spogliatoio» per gli uomini del GSSU (il Gruppo sicurezza sociale e urbana, che dà la caccia ai venditori abusivi) sono troppo scomodi oggi, perché gli armadietti sono stati «stipati» da un piano all'altro per permettere alcuni lavori di ristrutturazione. E insomma, in attesa di «individuare idonei locali ove potersi cambiare», al comandante è stato chiesto di «esonerare provvisoriamente il personale dall'indossare l'uniforme, in quanto attualmente impossibilitato a cambiarsi». Postilla: «Qualora non venissero impartite idonee disposizioni - hanno scritto i sindacati - al fine di tutelare l'incolumità dei lavoratori le scriventi organizzazioni si troverebbero costrette a ricorrere nelle sedi opportune». La Uil invece ha scritto direttamente alla sindaca Raggi, sostenendo che l'abbigliamento «civile» sia «molto più efficace» per mettere a segno «blitz e operazioni».

Va detto che la rivolta sindacale contro l'obbligo di divisa non sembra trovare sponde nel Campidoglio pentastellato, anzi. Di Maggio alla vigilia di Pasqua ha fatto capire di non voler fare marcia indietro. Con una circolare datata 30 marzo, ha ribadito che «tutto il personale deve indossare l'uniforme» e che un funzionario «verificherà» la presenza degli agenti «nei presidi di fluidificazione», cioè agli ingorghi più ostici. Molti uomini del Corpo sembrano essere d'accordo col comandante, convinti che infilare la divisa, in fondo, non debba essere così divisivo.
 
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