Parco di Veio, il dubbio della procura: «Omicidio, non incidente di caccia»

Parco di Veio, il dubbio della procura: «Omicidio, non incidente di caccia»
di Michela Allegri
3 Minuti di Lettura
Venerdì 25 Ottobre 2013, 08:04 - Ultimo aggiornamento: 08:09

Non stato un incidente, quello avvenuto lo scorso sabato notte durante una battuta di caccia al cinghiale nel parco di Veio. I due colpi di fucile che hanno raggiunto al petto Andrea Pulerà, uccidendolo, sono stati sparati ad altezza d'uomo, a soli cinquanta metri di distanza, e in uno spiazzo in cui l'unico ostacolo alla vista, a parte l'oscurità, era una distesa d'erba alta al massimo trenta centimetri: la tesi che la vittima fosse stata scambiata per un animale da abbattere appare inverosimile. E' quanto emergerebbe dalle indagini condotte dal pm Nadia Plastina, titolare del fascicolo, che sta procedendo per omicidio volontario. E' questa l'ipotesi di reato che la Procura contesta a Roberto Di Marco, il bracconiere di 55 anni accusato di aver esploso i due colpi mortali. Era finito in manette con l'accusa di omicidio colposo il giorno dopo la tragedia, insieme al compagno di caccia Daniele Belli, 40 anni, accusato invece di favoreggiamento e omissione di soccorso aggravata, per aver ritardato il ricovero in ospedale che, forse, avrebbe potuto salvare la vita di Pulerà. Entrambi sono stati scarcerati ieri, su decisione del gip Riccardo Amoroso, che non ha ritenuto più sussistenti le esigenze cautelari. Sono quindi tornati a casa ma le indagini della Procura procedono a ritmo serrato: sono troppi i dubbi da chiarire, per ricostruire con esattezza la dinamica dell'incidente.

I dubbi. Dagli interrogatori degli indagati, è emersa la loro passione smodata per la caccia. Erano consapevoli, quella notte, di stare infrangendo la legge: al parco di Veio le battute di caccia sono vietate. Avevano il terrore che, se scoperti, la loro licenza potesse essere revocata. Secondo gli inquirenti, Di Marco avrebbe scambiato Pulerà per un guardiacaccia e, preso dal panico, avrebbe esploso due colpi di fucile, colpendo l'amico al petto. Con ogni probabilità, l'intento non era quello di uccidere, ma di spaventare. Belli, interrogato, avrebbe infatti raccontato di avere avuto paura, perché si trovava vicino alla vittima, e di essere corso in contro a Di Marco agitando le braccia per aria e gridando: «Fermati! Siamo noi!». Impossibile pensare che Pulerà fosse stato scambiato per un cinghiale, e quindi colpito: le pallottole che lo hanno raggiunto sono state esplose ad altezza d'uomo.

Il ritardo. Un altro particolare da chiarire, è quello del ritardo nei soccorsi. I due indagati avrebbero potuto accompagnare l'amico ferito all'ospedale Sant'Andrea, distante solo pochi chilometri dal parco. Invece, avevano guidato per 60 chilometri, arrivando al Grassi di Ostia. E durante il tragitto avevano addirittura fatto una sosta a casa per posare il fucile di Belli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA