Roma, delitto Varani, «Quelle notti folli con Prato e il sesso no-stop dei chill out»

Roma, delitto Varani, «Quelle notti folli con Prato e il sesso no-stop dei chill out»
di Marco Pasqua
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Venerdì 11 Marzo 2016, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 10:43
«Ora hanno tutti paura. Non si muove più niente, nessun chill out». Alessio, il nome è di fantasia, non si collega più a Grindr, la chat per incontri tra persone omosessuali, da domenica scorsa, quando siti e telegiornali hanno iniziato a parlare dell’omicidio di Luca Varani. Adesso non se la sente. 
Poco più di 20 anni, un lavoro nella zona del Portuense, è preoccupato. Faceva parte del giro di Marco Prato, quello dei festini “chill out”. Sesso e droga a profusione, per quattro, anche cinque giorni di seguito, in gruppi di sette, dieci persone. Sempre più diffusi nella capitale, e non solo nell'ambiente omosessuale, ma anche tra gli etero (che usano la chat Badoo per questo genere di approcci). Centinaia di euro spesi per la cocaina, grammi “fumati” con la musica house di sottofondo. Un giro, quello del chem-sex, il sesso che si intreccia con la droga, che Marco Prato, secondo Alessio, conosceva bene. 

Come sei entrato nel giro dei chill out?
«Mi hanno scritto su Grindr, chiedendomi se volessi partecipare a queste feste speciali. Ne avevo già sentito parlare, ma non credevo che mi sarebbe mai successo. Volevano una persona attiva (indica il ruolo sessuale, ndr)».

In cosa consistono?
«Generalmente iniziano il mercoledì o il giovedì, e si prolungano fino a lunedì. Io sono stato al massimo un giorno, perché lavoro e di più non mi era possibile. Erano delle vere e proprie maratone, che richiedevano anche un certo grado di resistenza». 
 
Prato le organizzava?
«Sì, ho conosciuto diversi ragazzi che facevano parte di quel giro. Persone che adesso sono pietrificate e hanno paura di muoversi, perché temono che quella cosa atroce possa accadere di nuovo. La cosa assurda, è che a me Marco sembrava una persona davvero normale, siamo tutti choccati. Ma l'ambiente è paralizzato».

Ci spiega come si svolgevano?
«Un chill out può avere luogo dopo una serata in un locale, generalmente dopo le feste organizzate nei club privati, ossia quelli nei quali per entrare ti serve una tessera. Sono i più estremi. So che lui andava al Gender. A molti, quelle feste non bastano più, hanno bisogno di sensazioni forti».

Si consuma droga?
«La cocaina basata, quella fumata per intenderci. Quella che ti arriva diritta al cervello. Io non la prendevo, mi chiamavano perché avevano bisogno di una persona che fosse in grado di fare l’attivo».

Scusi, perché lei doveva essere lucido e altri, invece, no?
«Dopo due, tre giorni in cui si consuma cocaina, quelli che sono nel chill out non riescono più a essere attivi. E, quindi, hanno bisogno di qualcuno che sia in grado di portare a termine un rapporto sessuale».

E' stato invitato spesso a queste feste?
«Sì, ormai le persone si conoscono nel giro, gli appartamenti sono sempre gli stessi. Ma adesso, con l'arresto di Prato, si è tutto fermato. Ora hanno paura che possa accadere qualcosa di simile. O che ci possano essere dei controlli. Nulla potrà più essere come prima». 

Che ricordi ha di questi chill out?
«Io ne sono uscito, perché alla fine non riuscivo ad essere tranquillo. Nessuno era se stesso, e mostrava un lato di sé che mi faceva paura».

Tornerebbe a partecipare ad un chill out?
«No, non penso. Questa storia mi ha davvero colpito troppo. Non credo che riuscirei più a rilassarmi, a divertirmi. Penserei sempre che anche le feste alle quali partecipavo, potevano finire in tragedia».






 
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