Con la divisa da sala operatoria l'imputato si era aggirato a lungo davanti all'istituto di ginecologia. Lì era stato avvicinato da una cinquantenne diretta al pronto soccorso. «Venga con me, le indico io la strada», l'aveva rassicurata. «Anzi le dirò di più: io sono lo psicologo della struttura, se ha bisogno di altro dica pure». Era cominciato così in un pomeriggio di luglio l'incubo della malcapitata, che dopo l'iniziale sollievo per l'aiuto offertole si è ritrovata immobilizzata nel groviglio di tunnel sotterranei, sola con un aguzzino. Indicando una improbabile scorciatoia il dottore l'aveva condotta nelle gallerie dell'ospedale dove ha provato a palpeggiarla spingendola «contro un muro». «Devi fare quello che ti dico», le aveva detto.
IL TENTATIVO
Un tentativo di stupro subito stoppato. La donna ha reagito con fermezza, e grazie a una mossa di karate, ha ribaltato la presa, ha morso l'aggressore a una mano e senza mollarlo lo ha trascinato all'uscita più vicina, quindi è scappata via. A quel punto il finto medico si è liberato del camice e si è allontanato con calma. Grazie all'identikit e ai fotogrammi di un impianto di videosorveglianza è stato poi identificato e due mesi dopo recluso ai domiciliari. «Senza la prontezza e la capacità della mia assitita - ha detto l'avvocato Maria Tiso di Differenza Donna - ci saremmo trovati a un finale diverso. Nonostante ciò è rimasta ferita e traumatizzata». «È solo un ragazzo in difficoltà», ha spiegato invece per l'imputato l'avvocato Massimiliano Di Cesare. A gennaio un somalo sempre travestito da medico, si era spinto fino a palpeggiare nelle zone intime una paziente con le doglie ricoverata al Sant'Eugenio. «Signora - l'aveva avvertita - Oggi la visito io».
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