Ultrà fatto a pezzi, i medici legali: tenuto in freezer e poi buttato nel fiume

Ultrà fatto a pezzi, i medici legali: tenuto in freezer e poi buttato nel fiume
di Adelaide Pierucci
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Martedì 1 Settembre 2015, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 20:26

Le persone che hanno ucciso Gabriele Di Ponto potrebbero averne conservato il cadavere in un freezer, probabilmente già a pezzi, prima di gettarne i resti lungo l'Aniene.

Se si esclude il sequestro di persona prima dell'omicidio ritenuto improbabile, solo così gli inquirenti della procura di Roma riescono a spiegare il buco di due settimane fra la scomparsa dell'ultras de La Rustica con una sfilza di precedenti penali e il ritrovamento della sua gamba sinistra nell'Aniene l'11 agosto, secondo il medico legale, amputata con una sega elettrica e con segni di macerazione di tre o quattro giorni.

Un lasso di tempo, che comincerebbe un paio di giorni dopo il suo ultimo post su Facebook del 24 luglio e di sicuro dopo la denuncia di scomparsa presentata dai familiari alla fine del mese, sul quale si concentra l'attenzione della sezione omicidi della Mobile.

Da quel momento infatti il telefonino di Di Ponto è rimasto muto.

TELEFONO MUTO

Se il corpo non fosse stato appositamente conservato prima di essere gettato a pezzi (magari per renderne più agevole il trasporto e la sparizione), sulla gamba, l'unica parte del cadavere finora rinvenuta, ci sarebbero stati marcati segni di putrefazione, che invece non sono stati rilevati. Una ricostruzione elaborata anche alla luce dell'esame istologico sull'arto effettuato presso l'istituto di medicina legale del Gemelli dalla prof Fidelia Cascini, delegata agli accertamenti dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e dal sostituto procuratore Giorgio Orano. Il tranciamento del corpo - è stata quindi la prima conclusione - non è stato frutto di tortura. Di Ponto è stato sezionato (il termine tecnico è depezzato) quando già mostrava rigidità cadaverica, non prima di dodici ore dall'omicidio, ma probabilmente anche giorni dopo, quando il killer (o i killer) hanno deciso di disfarsi del cadavere.

LE IPOTESI

Intanto gli uomini della Squadra Mobile, diretti da Luigi Silipo, per trovare una pista stanno cercando di ricostruire gli ultimi contatti Facebook e soprattutto telefonici dell'ultrà, attraverso l'esame dei tabulati. La procura, indaga per omicidio e soppressione di cadavere, ma il fascicolo per ora resta senza indagati. La vittima era un trentenne instabile, violento. Aveva anni di carcere alle spalle, ma anche di reclusione in ospedali psichiatrici giudiziari. Bazzicava San Basilio per vendere cocaina. Potrebbe aver fatto uno sgarro alla persona sbagliata. Si vociferava a qualche bandito della mala albanese ma nulla in questo senso è provato. All'identificazione dell'ultrà gli inquirenti sono giunti grazie ai tatuaggi sul moncone di gamba: «Irriducibili, SS Lazio curva Nord». «Oggi è un buon giorno per morire».

La rosa di una decina di ultras laziali irreperibili si è ristretta a un poker di quattro persone e il test del dna ha confermato i sospetti dei familiari. La vittima è lui. Come sia stato assassinato non si sa. Impossibile ricostruirlo da un arto. Si sa che lo scempio del corpo è stato successivo, e molto probabilmente per farlo sparire per sempre. La piena dell'Aniene di quei giorni invece ne ha riportato una parte a galla.