IL DESIDERIO DI VENDETTA
Quello di Lunghezza è stato un femminicidio crudele, frutto di un desiderio di vendetta covato per giorni. Assunta, 50 anni, uno in meno del marito, da un mese aveva sbattuto fuori casa Augusto, sempre attaccato alla bottiglia, svogliato sul lavoro, attaccabrighe, razzista e provocatore con gli immigrati. Lei sempre in grembiule, che si svegliava all'alba per andare a vender panini con un furgone sulla Prenestina e costretta a far studiare il figlio di nascosto del padre, aveva detto basta. Troppe botte, troppe volte aveva abbassato la testa. «Sua moglie e suo figlio non hanno mai fatto una vita normale», raccontavano parenti e vicini il giorno del delitto. Li maltrattava. Il ragazzino era costretto ad alzarsi alle 5 per badare all'officina al posto del padre, mentre di nascosto cercava di frequentare la scuola. «Deve provare le stesse pene, lo stesso dolore che ha provato mia madre», aveva detto il ragazzo a poche ore del delitto. «Se aveva un problema lui si sfogava su di noi, mamma sopportava per me, diceva che ero piccolo. Era sempre ubriaco. Correva dietro le donne, stava da tempo con una ragazza albanese, le liti erano aumentate». I periti hanno certificato lo stato di ubriachezza abituale dell'imputato. E' stata considerata un'aggravante. L'anno prima dell'omicidio della moglie aveva mostrato i suoi tatuaggi alle telecamere e rilasciato una intervista in tv. Con un fascio littorio, una croce celtica e un ritratto di Hitler in bella vistasi sfogava contro gli immigrati: «Sono stati picchiati perché sono pezzi di m Se una persona così va a rompere le scatole a una ragazza io lo ammazzo». «Mi faccio giustizia da solo? Dimmi chi fa la giustizia qua in Italia».