Uccisa con un pugno ad Anagnina
Nove anni a Burtone

Un'immagine del pugno tratta dal video della stazione Anagnina
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Venerdì 16 Marzo 2012, 14:04 - Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 09:56

ROMA - Nove anni di reclusione. Questa la pena inflitta dalle I Corte d'Assise ad Alessio Burtone, il 22enne accusato di aver provocato la morte dell'infermiera romena Maricica Hahaianu, colpendola con un pugno al volto l'8 ottobre 2010 alla stazione della metropolitana della linea A di Anagnina, al culmine di una lite, e morta una settimana dopo al Policlinico Casilino. Omicidio preterintenzionale il reato per il quale è stata inflitta la pena.

Il pm aveva chiesto venti anni. La Corte, presieduta da Anna Argento, ha escluso l'aggravante di aver ucciso per futili motivi e ha concesso all'imputato, difeso dagli avvocati Fabrizio Gallo e Gianantonio Minghelli, le attenuanti generiche.

Per Burtone il pm Antonio Calaresu aveva chiesto la condanna a 20 anni di reclusione.

Il video. Un video delle telecamere della stazione della metropolitana di Anagnina mostrava Burtone sferrare un pugno all'infermiera.

Il marito di Maricica si dice soddisfatto della sentenza. Il marito della vittima, Adrien, assistito dall'avvocato Alessandro Di Giovanni si è detto «soddisfatto della sentenza», anche se ha ammesso che «si sarebbe aspettato qualcosa di più - ha detto - In questa vicenda ho perso per sempre una moglie e la madre di mio figlio». Burtone è stato condannato al pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutiva, pari a 50 mila euro ciascuno in favore del marito e del figlio della donna e di 30 mila euro per il fratello dell'infermiera. Un risarcimento pari a 6mila euro è stato stabilito per il Comune di Roma, anch'esso costituito parte civile nel processo.

Il legale di Burtone: non voleva uccidere, faremo appello. «In appello cercheremo di ridurre questa pena - ha commentato l'avvocato Gallo legale di Burtone - I giudici oggi non hanno avuto il coraggio di concedere l'attenuante della provocazione. Il mio assistito, Alessio Burtone, non voleva uccidere e questo lo hanno capito tutti nel processo». «La corte non ha avuto il coraggio di riconoscere il reato di lesioni gravi. È stato mantenuto l'iniziale impianto accusatorio. È una sentenza metà e metà, possiamo dire. Ma alla famiglia ho anche spiegato che la fattispecie di lesioni può arrivare sino a 12 anni di condanna - ha aggiunto - Alessio aveva paura che arrivassero 20 anni. Questa notte non ha dormito. È un ragazzo, finito in una cosa più grande di lui». «La famiglia voleva che venisse concessa l'attenuante della provocazione - ha continuato il penalista - Noi soddisfatti in parte. La cosa che ci soddisfa è comunque il fatto che la tesi del pm non è stata assolutamente accolta. L'ufficio dell'accusa ha perso e va sottolineato. Perché il caso di Burtone non è quello di Doina Matei (la romena che ha causato la morte di una giovane colpendola con la punta di un ombrello) quella storia è tutta diversa rispetto ai fatti del processo che si è concluso oggi in primo grado».

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