Roma, tre ore di fila con l'appuntamento: «Vergogna, chiamo i carabinieri»

Roma, tre ore di fila con l'appuntamento: «Vergogna, chiamo i carabinieri»
di Francesco Padoa
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Sabato 5 Maggio 2018, 08:13
«E per fortuna che qualche genio s'è inventato sto sistema: ma elimina code de che, se devi fa' la fila per poi rifa' la fila...». Sintesi perfetta di una qualsiasi giornata di ordinario caos in un qualsiasi municipio di Roma. L'inferno comincia così, davanti al totem all'ingresso. L'impiegata, che dà istruzioni, suda e si sventaglia, affaticata e sconfortata già di prima mattina, mentre la gente si accalca e chiede il perché di quella fila. «Signo', deve confermarlo l'appuntamento, passi qui il qr code», la risposta ripetuta cento volte. «Ma poi, dentro tocca subito a me?» l'interroga già indispettito un ragazzo. «No, al momento l'attesa è di almeno un'ora». «Un'ora? Ma che c'è il fuso orario di Londra qui?», cerca inutilmente di sdrammatizzare una signora.

Ma la realtà è peggiore. Se sul display all'ingresso ci fosse scritto lasciate ogni speranza voi che entrate... almeno uno sarebbe preparato. Invece no. Se sul sito TuPassi abbiamo prenotato l'appuntamento per l'ora più adatta alle nostre esigenze, siamo davvero degli illusi se pensiamo di uscire con il documento fatto nel giro di pochi minuti. Per esempio, chi è entrato nella sede del XIII municipio, via Aurelia 470, con l'appuntamento alle 11.30, ne è uscito ben tre ore più tardi. In media due, tre ore di attesa, ogni giorno così. Altro che appuntamento.

L'atmosfera nel salone dei servizi anagrafici si surriscalda. Qualcuno comincia ad alzare la voce. «Io devo tornare al lavoro, mica mi pagano come voi se non sto in ufficio...» accusa un signore rivolgendosi a voce alta verso gli impiegati dietro gli sportelli. Una giovane signora gli fa eco: «E io devo andare a prendere i bambini a scuola, avevo scelto questo orario apposta...».

LA PAUSA
Il disappunto lievita. Gli sportelli operativi sono tre, massimo quattro su sedici. Ma alle 11.50 si raggiunge il top, quando, per cinque minuti, dietro tutti e 16 gli sportelli non c'è nessun impiegato. «Basta, ma che fanno - urla un anziano - già vanno a rilento, poi addirittura scompaiono». «Sono due ore che aspetto, e loro si mettono a mangiare». «Avevo appuntamento alle 12.35, ma sono le due passate e sono ancora qui: mio padre di 90 anni è solo a casa e non si muove, devo tornare da lui». «Chiamo i carabinieri», urla un signore. È il segnale che il limite di sopportazione è stato raggiunto.

E come d'incanto appare un signore distinto in camicia azzurra. È il funzionario responsabile dell'ufficio. In mezzo a tutti comincia a dare spiegazioni. E a chiedere scusa. Sì, si scusa. «Signori avete ragione. Ogni giorno i tempi d'attesa sono questi. Siamo pochissimi, la forza lavoro di questo ufficio è di nove unità: due sono in malattia, una in maternità. E ora ci saranno le ferie. Ogni giorno facciamo straordinari, andiamo avanti fino alle 20». Si guarda intorno, legge la rabbia negli occhi della gente: «Avete ragione, ma non dipende da noi, il sistema è tarato sulle vecchie carte d'identità, ci volevano 5 minuti a persona, ora con quelle nuove si va dai 18 ai 25 minuti. E i tempi si allungano. Ogni giorno facciamo segnalazioni al Comune, chiediamo nuovo personale, ma qui non arriva nessuno».

Una ragazza osserva in silenzio, è lì da almeno un'ora. Si chiama Rebecca, racconta. «Oltre un mese fa avevo preso appuntamento per la carta d'identità perché mi serve per gli esami di maturità. Sono venuta, allo sportello mi hanno detto che il server non funzionava, che mi avrebbero richiamato nei giorni successivi. Nessuno ha chiamato. Sono tornata e mi hanno detto che devo parlare con il dirigente». Per la cronaca la sua pratica era dimenticata e sepolta sotto una pila di carte, e solo dopo tre ore Rebecca riuscirà ad ottenere il suo documento.

LA RISSA
Ma la pazienza non è di tutti. E, immancabile, arriva. Si, non poteva mancare la rissa verbale. Protagoniste due coppie di genitori con rispettivi figli. «Avevamo l'appuntamento prima di loro, ma noi siamo ancora qui ad aspettare e loro stanno facendo il documento», urla il padre della famiglia A. «Ma che vuole, mia figlia deve fare un esame alle 15, mica potevamo aspettare», ribatte la madre della famiglia B. «Io vi denuncio, siete dei raccomandati, chi vi ha fatto passare?», aggiunge il figlio A. «Noi non siamo raccomandati, ma avevamo un motivo serio». «E allora io - urla il figlio B. - che sono in malattia e devo tornare a casa perché ho la visita fiscale?». Non finisce qui, il resto all'immaginazione e all'intervento del rassegnato funzionario che si materializza in ogni angolo per chiudere le falle di un sistema che fa acqua da tutte le parti.
 
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