Il tattoo, con farfalla grande un palmo, sarebbe stato assolutamente visibile sotto la gonna d'ordinanza, che impone anche le calze chiare. E quindi in violazione delle prescrizioni pure della Gazzetta Ufficiale. Alla fine, però, la candidata, ha spuntato la battaglia contro il Ministero dell'Interno: il Tar gli ha riaperto le porte del concorso. «Il tatuaggio non è deturpante», hanno stabilito i giudici amministrativi, e inoltre non indica, per il suo contenuto, «una personalità abnorme». Per il caso era stata scomodata l'Avvocatura generale dello Stato contraria alla riammissione dell'aspirante agente di polizia.
La giovane era ricorsa al Tar contro il provvedimento della Commissione d'esame ministeriale che l'aveva dichiarata non idonea al servizio di polizia per carenza di requisiti previsti con la seguente motivazione: «Tatuaggio in zona non coperta dall'uniforme». La futura poliziotta, in realtà, nel ricorso aveva pure sottolineato che il tatuaggio era in via di cancellazione. Ma il tribunale amministrativo non è sceso nel dettaglio. Ha ritenuto che la farfalla non indicasse una personalità abnorme, e al contempo non fosse deturpante per la persona, quindi poteva essere ammesso. La poliziotta, nel delicato ricorso, è stata assistita dagli avvocati Eugenio Pini, Alessia Fiore e Flavia Marsella dello Studio Pini&Partners. «I giudici amministrativi con questo provvedimento», è stato il commento dei legali, «hanno dato una apertura su una normativa molto stringente».
© RIPRODUZIONE RISERVATA