Super Bowl, notte di festa all'Hard Rock Café di Roma

Super Bowl, notte di festa all'Hard Rock Café di Roma
di Alessandro Di Liegro
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Lunedì 5 Febbraio 2018, 15:42 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 15:22

A Roma sono passate da poco le quattro del mattino di lunedì, quando a Minneapolis l'arbitro del LII Superbowl fischia la fine dell'incontro che proclama campioni, per la prima volta, i Philadelphia Eagles contro gli strafavoriti del quaterback (forse) più forte di sempre, Tom Brady. Allo stesso fischio, Nell'Hard Rock Café di Via Veneto, si alza un boato che unisce avventori, ospiti e staff del locale. Tutti, o quasi, tifavano Philadelphia perché sfavorita - “underdog”, all'americana – per interrompere il dominio dei Patriots e dello sfavillante Brady, giocatore perfetto con una vita perfetta sposato a una donna perfetta e che vive in una casa perfetta. Dall'altra parte, pari ruolo, c'è Nick Foles, uno che un paio di anni fa avrebbe voluto lasciare la NFL e il Football professionistico, ma che nel secondo drive lancia per 38 iarde perfettamente nelle mani del suo ricevitore. È touchdown, il primo dell'incontro. Ce ne saranno quasi una decina, tutti salutati con esultanze più o meno intense, a seconda della tifoseria che si è incontrata nel locale.
 


 
Per Philadelphia tifano i giocatori della Legio XIII, una delle squadre romane di Football Americano: «Sono sfavoriti – dice Patrizio – e poi basta con il dominio dei Patriots, è ora che vinca anche qualcun altro». Il suo pensiero è lo stesso di Andrea e Nicolas, amici e compagni di squadra. Al tavolo a loro riservato si segue la partita con intensità e passione. La Legio XIII è una delle attrazioni della serata, si concedono una foto di squadra, indossando la maglia da partita davanti al wall celebrativo del Superbowl, piazzato sul muro all'ingresso, lì dove si esibiscono le cheerleaders delle Romans, con tanto di piramide e pon pon.
 
 



 

Anticipano lo spettacolo dell'intervallo esibendosi su un brano di Justin Timberlake “Can't stop the feeling”, che il cantante statunitense ha suonato nell'Halftime show con tanto di ologramma di Prince – originario di Minneapolis e la cui presenza è stata rimarcata dal colore viola dei sediolini dell'U.S. Bank Stadium. Ad apprezzare lo spettacolo alcuni reduci dall'incontro del Sei Nazioni, naturalmente inglesi, che intonano “Sweet Chariot”, il brano della vittoria: «È molto meglio il rugby. Che cos'è sta cosa qua»? Si chiede David, mentre dall'altro lato della sala alcuni suoi connazionali indossano la maglia dei Patriots: «Sono qui per il rugby – dice Sean – però mi piace anche il Football Americano e ne approfitto per guardarmi anche la partita».


Tifosa Patriots è anche Julia, dal Brasile, che segue la partita incrociando le dita e pensa che Tom Brady vincerà perché «He is the melhor», mischiando inglese e portoghese. È tardi, Philadelphia non ha mai lasciato il vantaggio iniziale e resiste alla rimonta di New England: «Vinceremo, noi siamo di Philadelphia e ora è il nostro turno» dice Jane, che insieme al compagno sono in tensione, al bancone del bar. Chiacchierano insieme ai tifosi inglesi di rugby ed esultano quando Foles va in meta sorprendendo la difesa avversaria.

Al termine della partita grandi pacche sulle spalle e cinque lanciati in aria. Sarebbe stato così in ogni caso, in questo piccolo angolo di America, nel centro di Roma.  

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