I PRECEDENTI
Nel 2014, il giovane era stato dichiarato incapace di intendere e di volere dal perito nominato dal Tribunale dei minorenni. Due anni dopo, nel 2016, la Corte d'Appello era arrivata alla stessa conclusione: Valerio era stato assolto dall'accusa di rapina per vizio totale di mente. I giudici lo avevano quindi mandato in comunità. Nel settembre dello scorso anno era fuggito, ed era stato fermato al termine di un inseguimento da film. Processato per resistenza a pubblico ufficiale, il 14 febbraio è stato condannato a 4 mesi di reclusione con rito abbreviato. Valerio avrebbe dovuto scontare la pena in una Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza. In questa fase, per la Procura, potrebbe essere stato commesso un errore macroscopico. Visto che nella Rems non c'era posto, la Polizia Penitenziaria ha trasferito il ragazzo a Regina Coeli. Venti giorni dopo l'ultima udienza, il giovane si è tolto la vita.
LA SORVEGLIANZA
I punti da chiarire sono tanti. La Procura indaga su possibili falle nel sistema di sicurezza del carcere. Valerio, infatti, era sottoposto a regime di massima sorveglianza, che impone controlli ogni 15 minuti da parte degli agenti penitenziari. Nessuno si è accorto che, durante la notte, Valerio ha legato le lenzuola a forma di cappio progettando di uccidersi. A scoprire il cadavere, i compagni di cella del ventiduenne, due ragazzi italiani che sono già stati ascoltati dai carabinieri nel Nucleo di polizia giudiziaria di piazzale Clodio. I detenuti hanno raccontato che, mentre Valerio si toglieva la vita, entrambi stavano dormendo. Uno dei due ha sentito un rumore e si è svegliato. Ha tentato di salvare il ragazzo, ma era troppo tardi. I militari stanno anche sentendo gli agenti e a breve depositeranno al pm un'informativa. «Durante l'ultima udienza ho espressamente chiesto che Valerio venisse mandato ai domiciliari. Ora la Procura dovrà stabilire se esitano responsabilità», ha dichiarato l'avvocato Serafini.