Eredità Sordi, i parenti impugnano il testamento: «Vogliamo sapere se Aurelia era cosciente»

Eredità Sordi, i parenti impugnano il testamento: «Vogliamo sapere se Aurelia era cosciente»
di Adelaide Pierucci
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Mercoledì 18 Febbraio 2015, 05:56 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 13:49
Non c'è pace per l'eredità Sordi. I parenti dell'attore, rimasti a bocca asciutta, hanno impugnato il testamento. L'intero patrimonio, infatti, su disposizione di Aurelia, l'amata sorella dell'Albertone nazionale, è andato alla Fondazione "Museo Alberto Sordi", che regalerà a Roma casa Sordi, la reggia con affaccio sulle Terme di Caracalla.



L'atto, aperto a ottobre a pochi giorni dalla morte della signorina Aurelia, era stato redatto il 21 aprile 2011. Una data cruciale per i trentasette familiari - per lo più lontani cugini - che pochi giorni fa si sono rivolti al tribunale civile di Roma per bloccare le disposizioni. Quando Aurelia ha stilato il testamento in gran segreto era cosciente? I parenti nutrono forti dubbi, e da qui la decisione di adire le vie legali. A distanza di pochi mesi dal testamento, inoltre, la signorina Sordi aveva firmato le ricche donazioni per i domestici ritenute dalla procura di Roma frutto di un raggiro, tanto che ci sono al vaglio dieci richieste di rinvio a giudizio.



LE DONAZIONI

Protagonista dell'affare finito sotto la lente dei magistrati il peruviano Arturo Artadi, 41 anni, autista di Sordi e dopo la sua morte diventato l'uomo di fiducia della sorella, tanto da sovrintendere ai sei camerieri e alle spese della casa. Un dipendente - secondo il pm Eugenio Albamonte - capace di far firmare alla signorina Aurelia gli otto atti di donazione per un valore di due milioni e 300 mila euro, incluso un assegno da 400 mila euro a lui intestato. Ma anche di coinvolgere due professionisti romani, l'avvocato Francesca Piccolella e il notaio Gabriele Sciumbata. Un'operazione che a metà 2012 pareva destinata al salto cruciale con la formalizzazione di una procura generale a favore del peruviano. Atto bloccato dalla procura che ha allontanato il factotum da casa Sordi, affidando Aurelia a una tutrice giudiziaria. A far scoppiare il caso era stata la denuncia di Umberto Catellani, il direttore della sede di Roma della Banca popolare di Sondrio, e Giambattista Faralli, broker privato che opera per Banca Generali, uomo di fiducia dei Sordi ora divenuto presidente della Fondazione. «La signorina è morta di crepacuore appena sono stato allontanato», si è sempre difeso Artadi. «Ero come un familiare per loro. I regali erano voluti».



I Sordi, col passare del tempo sempre più schivi, infatti, non coltivavano da anni i rapporti con i pochi familiari, lontani parenti, tra cui la cugina più prossima Franca Sordi. Le carte però avrebbero fatto emergere come neanche Arturo Artadi venisse considerato un parente. Il notaio di fiducia di Aurelia Sordi, Alfredo Maria Becchetti, che nel 2011 si è occupato della nascita della fondazione e del testamento, ha ricordato al pm che la signorina gli «chiese di portare appositamente a casa sua due testimoni, persone del tutto estranee alla cerchia delle sue amicizie ed alla cerchia dei suoi domestici. Tanto è che il giorno del testamento mandò via dalla stanza tutte le persone estranee all'atto».



I PARENTI

Ora i familiari, assistiti dagli avvocati Francesca Coppi e Francesco Maria Azzaro, hanno impugnato il testamento. Nella prossima udienza penale si costituiranno parti civili per il raggiro. «Vogliamo chiarezza», dicono. Nel maggio 2014 quando era stata visita dai periti della procura la signorina Aurelia aveva mostrato segni di infermità risalenti nel tempo. Alla domanda: papa Wojtyla era polacco? Rispose con un: «Ammappalo». Non ricordava nemmeno la professione del fratello.