Caso Shalabayeva, sospetti su tre poliziotti: sapevano chi era

Caso Shalabayeva, sospetti su tre poliziotti: sapevano chi era
di Sara Menafra
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Sabato 1 Febbraio 2014, 13:22 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 08:08

​C’erano almeno tre poliziotti che avrebbero potuto spiegare ci che sapevano al giudice di pace chiamato a decidere se Alma Shalabayeva doveve essere espulsa dall’Italia. Poliziotti le cui posizioni potrebbero ora essere al vaglio del pm di Roma Eugenio Albamonte che indaga sul rimpatrio forzato della donna in Kazakistan.

Ne hanno parlato a lungo gli avvocati di Alma Shalabayeva, con lei presenti ieri in conferenza stampa. Senza entrare nel merito dell’interrogatorio in procura di due giorni prima, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov ha spiegato di sentirsi «protetta» in Italia e di stare ancora valutando se presentare nel nostro paese la richiesta di asilo politico. «E’ una decisione difficile: mia figlia è in Svizzera, mio marito in Francia in attesa della decisione sulla richiesta di estradizione nei suoi confronti. E’ una decisione difficile, ci stiamo ancora pensando».

LE INDAGINI

Le verifiche della procura ora potrebbero concentrarsi soprattutto su alcuni poliziotti che, come ha confermato la stessa Alma a verbale, hanno sicuramente avuto un ruolo nelle procedure che hanno portato alla sua espulsione, la scorsa primavera. «Non so se è su questo che sta lavorando la magistratura, ma diciamo che me lo auguro» ha sottolineato l’avvocato Riccardo Olivo. Il punto, infatti, è che - come hanno dimostrato le successive verifiche sulla procedura seguita in quei giorni - i poliziotti presenti all’udienza davanti al giudice di pace che diede l’ok all’espulsione avevano raccolto documenti sufficienti a dimostrare chi fosse realmente la donna. Alma aveva infatti presentato un documento con un altro cognome, emesso dalla Repubblica Centrafricana. Se fosse venuto a conoscenza della vera identità della donna, il giudice avrebbe potuto facilmente risalire al permesso di soggiorno emesso in un altro paese europeo che Alma aveva ottenuto nei mesi passati, o all’asilo politico ottenuto in Gran Bretagna. E, in ogni caso, avrebbe potuto disporre nuovi accertamenti. Che i poliziotti possedessero i documenti in questione è un dato certo, confermato dalle indagini disposte dal capo della Polizia Alessandro Pansa. Quel che non si sa, invece, è il perché non dissero nulla al giudice di pace.

Ci sono, però, anche altri elementi che non tornano in questa storia. Ad esempio, il fatto che il jet privato che ha rimpatriato Alma fosse stato prenotato persino prima che l’udienza davanti al giudice cominciasse. E che i poliziotti che poi l’accompagnarono all’aeroporto erano stati anche loro inviati sul posto prima dell’udienza. «A differenza di quanto sostenuto non c’è stata nessuna routinarietà in quella espulsione», ha spiegato l’altro legale della donna, Astolfo Di Amato.

Che il Kazakistan abbia premuto direttamente sul ministero dell’Interno per chiedere il blitz a casa di Alma con lo scopo di arrestare il marito Mukhtar Ablyazov è ormai un dato certo. Resta da chiarire cosa sapessero i poliziotti che seguirono il rimpatrio della donna.

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