Muore di cancro al pronto soccorso a Roma, il direttore sanitario: «Un errore portarlo qui, non siamo attrezzati»

Muore di cancro al pronto soccorso a Roma, il direttore sanitario: «Un errore portarlo qui, non siamo attrezzati»
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 6 Ottobre 2016, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 18:01

Luca Casertano, 46 anni, da cinque mesi direttore sanitario facente funzioni dell’azienda ospedaliera San Camillo. Si può morire in questo modo, dopo 56 ore di agonia su una barella, nel pronto soccorso di uno degli ospedali più importanti d’Italia?
«Prima di tutto, vorrei chiedere scusa alla famiglia. La maggior parte dei pronto soccorso italiani non sono strutturati per accogliere persone a fine vita. Il San Camillo è un Dea di II Livello organizzato per salvare le vite, non per occuparsi di un malato terminale».

Scusi, ma che avrebbe dovuto fare la famiglia?
«Ci sono percorsi differenti, i pazienti che hanno una malattia oncologica dovrebbero essere accompagnati nella fine dell’esistenza o da un servizio di assistenza domiciliare oncologica o negli hospice. Qualcuno ha dato indicazioni sbagliate alla famiglia, lo comprendo perché ci sono passato anch’io: quando ero ancora studente, un mio familiare, malato terminale, morì in pronto soccorso».

Perché, in 56 ore, i medici del pronto soccorso non hanno chiesto di trasferire il paziente in un hospice?
«Per l’operatore è frustrante, ma per attivare quel tipo di servizio c’è un percorso differente, che può richiedere anche quindici giorni. In realtà un malato terminale non dovrebbe proprio arrivarci in pronto soccorso».

Ma in 56 ore, mentre quell’uomo stava morendo senza privacy e rispetto, si poteva quanto meno trovare un posto in un reparto. Di certo non è giusto morire così.
«Pensa che i nostri medici se avessero potuto non lo avrebbero fatto? Però i posti letto in terapia intensiva o in rianimazione sono pochi, se c’è da scegliere tra un paziente la cui morte è certa e un altro a cui il ricovero può salvare la vita, il medico è obbligato a optare per il secondo».

Non dovrebbe proprio esserci la condanna a questa scelta. Ma almeno non si poteva trovare, in pronto soccorso, una sala differente, più riservata?
«Abbiamo un’area per pazienti molto gravi, però in quei giorni era piena. Stanno partendo i lavori per realizzare altre due sale per pazienti di quel tipo, ma serviranno almeno due anni per completarli».

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