Il sabato triste dei romani fra la Grande Sporcizia:
«Vorremmo stare altrove»

Il sabato triste dei romani fra la Grande Sporcizia: «Vorremmo stare altrove»
di Mario Ajello
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Domenica 26 Luglio 2015, 06:38 - Ultimo aggiornamento: 19:47

E' il sabato del villaggio. Ma a differenza di quello della poesia di Leopardi, quello di Roma svuotata di energie, di presenze e di illusioni non vive l'ansia gioiosa della preparazione dei giorni di festa. Il trenino da Ostia scarica un gruppo di giovani alla stazione della Piramide, progettata da Marcello Piacentini, piena di graffiti in arte déco ma soprattutto di vagoni sudici, resti di sigarette per terra e all'esterno una serie di motorini carbonizzati e abbandonati a ricordo imperituro del degrado capitale. Tra questi ragazzi c'è Asia, 19 anni, bellezza indigena in canotta, non somigliante alle dame del '700 che leggevano l'Encyclopédie nei salotti parigini. Scende dal vagone sporco e si lamenta Asia, trasportando la borsa del mare: «Non ci volevo tornare più in questo macello di città».

GLI SFOGHI

Dopo il venerdì nero dei trasporti in tilt, dello scandalo metro, del caos generalizzato, domani c'è lo sciopero dell'Alitalia a Fiumicino e intanto ricomincia lo sfascio di sempre che si ripete identico settimana dopo settimana. La festa non arriva mai e nessuno se la aspetta più. E il «siamo all'apertura della Fase Due», grido di battaglia del commissario Orfini, uno degli ultimi paladini democrat del sindaco Marino, si perde nell'afa e nella canicola di questa valle di lacrime e di sudore. Dove ci si sta preparando ad affrontare i prossimi giorni, anche a colpi di ironia nera: «A Roma se vuoi suicidarti sui binari della metro - si sfoga uno su Twitter - devi calcolare che se ti butti il lunedì mattina ti passano sopra il giovedì pomeriggio».

Ma a parte gli sfottò, dopo il terrore politico-giudiziario delle inchieste che continuano, non un comitato di salute pubblica per una sorta di festa della liberazione dal declino si va formando e prosegue invece come sempre e più di sempre lo sfaldamento della giunta che in 24 ore ha perduto altri due assessori importantissimi, è incapace di auto-riformarsi in un rimasto che non lievita, non ha più un vice-sindaco e non si sa quando l'avrà perchè nessuno vuole diventarlo e se entro martedì - quando Matteo Renzi farà il comizio di chiusura alla festa dell'Unità di Roma al ponte delle Valli - Marino non avrà pronta una nuova squadra saranno altre legnate da parte del premier.

Il quale, a sua volta, non sa bene che cosa fare, dopo aver aperto la questione romana più di un mese fa e averla condotto finora soltanto a colpi di penultimatum. E chissà quanto starà soffrendo, nell'aldilà, il torinesissimo Camillo Benso Conte di Cavour, il quale con una passione inedita per un tipo freddo come lui nei suoi ultimi discorsi parlamentari non faceva che ripetere: «Ora, o signori, in Roma concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali morali, che devono determinare le condizioni della capitale di un grande Stato. Roma è la sola città d'Italia che non abbia memorie esclusivamente municipali». E' ancora così?

Una coppia di turisti, mentre i media del mondo martellano sulla Roma abbandonata da tutti e anche da se stessa, all'uscita dei Mercati Traianei a via IV Novembre (che poi si chiamerà in ossequio alla semplificazione toponomastica Via Quattro Novembre o magari Via Novembre 4 che è ancora più semplice) commenta risalendo in superficie: «Più che una città, questa è diventata una spiaggia sporca». Sì, Roma città spiaggiata. Dove si è rotta una cosa profonda nell'animo dei suoi abitanti. E' venuta meno la capacità, filosoficamente sopraffina, di minimizzare. Si racconta che, poco prima di morire, rivolto al fratello Ruggero, maestro del montaggio cinematografico, Marcello Mastroianni avesse detto: «Sento il fiato della morte sul collo». E il caro congiunto: «E mèttete 'na sciarpetta». Ecco, nessuno più, in questo sabato del villaggio, sembra credere che Roma possa salvarsi dalla morte indossando una sciarpetta, o cavandosela come sempre. Forse serve l'arrivo della Troika nella Grecia de' noantri? O quello del commissario prefettizio, se non fosse che Renzi vuole rottamare anche i prefetti? Tra gli americani in coda per entrare al Colosseo (ora si entra, ma nei prossimi giorni anche, oppure ci saranno altri agguati sindacali?) c'è chi conosce e condivide la nuova iniziativa del New York Times: mandateci cartoline e commenti sul degrado di Roma. E molti di loro sembrano volersi tuffare nelle bellezze antiche, per sfuggire da una città che ai loro occhi non conosce modernità. Addirittura paiono non credere, vedendo Roma così ridotta, che la modernità possa corrisponderle.

LA PAURA

Questa è la città in cui un tizio spaccia droga dentro la Questura mentre aspetta il permesso di soggiorno. Ed è il luogo in cui quei ragazzi appena tornati dal lido di Ostia col trenino fetente hanno cantato a bordo la canzone di Mannarino - il nuovo idolo super-pop ma raffinato dei giovani e il coro anti-Marino dell'altra sera al suo concerto all'auditorium era così: «Mannarino sindaco de Romaaaa» - che fa: «Se io me metto a piagne', / s'allagherebbe tutta Roma». E questo è il sentimento dei quiriti d'ogni ordine e grado. Un drappello di anziani, ieri, ore 12, al Villaggio Olimpico, si ferma davanti a un poster stradale con su scritto: «Officine dell'Atac aperte anche il pomeriggio». Commento: «E le tengono aperte pe' ffa cche? Pe' sgonfia' le ruote all'auti e nun falli gira'?». Anche con le ruote durissime gli autobus non girano. Come quello che è stato abbandonato a viale Parioli, all'altezza di piazza Santiago del Cile, ed è rimasto lì in mezzo alla strada, spento, buio e vuoto. Come fossimo in Blade Runner o come fosse una carcassa d'animale abbandonata in qualche deserto.

Può funzionare davanti a tutto ciò il rimpasto politico che si annuncia e pare avere tutte le improbabili sembianze di un pannicello caldo? Magari quando arriva alla Roma l'ottimo fantasista Salah, l'imperatore d'Egitto per la squadra giallorossa, il pannicello caldo per una città che ha perso ogni speranza politico-amministrativa sarà lui. Ma difficilmente riuscirà a risolvere la paura delle ragazze di Roma nord - eccone un gruppo che a Cornelia prende il pullman per Fregene - in seguito allo stupro di una loro coetanea a Piazzale Clodio. «Questa città ci terrorizza», dicono avviandosi al mare. Ma a sera, tocca tornare indietro.