Roma, la Corte dei Conti: «I vigili paghino le multe tolte agli amici», risarcimento di 230mila euro

Roma, la Corte dei Conti: «I vigili paghino le multe tolte agli amici», risarcimento di 230mila euro
di Michela Allegri
2 Minuti di Lettura
Domenica 18 Febbraio 2018, 09:40 - Ultimo aggiornamento: 10:25
Migliaia di multe tolte ad amici e parenti, interi faldoni di atti distrutti, favori e cortesie fatti a politici e soggetti istituzionali. Sullo scandalo delle sanzioni fantasma dell'Ufficio contravvenzioni di via Ostiense, già finito nel mirino della procura penale, ora interviene la Corte dei conti. Perché la sistematica soppressione delle relate di notifica, messa in atto da tre vigili, si è tradotta in un mancato introito a cinque zeri per il Campidoglio. Ora, gli ufficiali infedeli, già finiti sotto processo, rischiano di dover restituire l'intera somma: circa 230mila euro. In totale, hanno cancellato o aggiustato 2.476 multe. Il record delle sanzioni annullate spetta ai fratelli Alessandro e Silvio Bernabei, gli imprenditori di Trastevere che si occupano di commercio di liquori e che, per questa vicenda, sono stati rinviati a giudizio.

IL CASO
L'inchiesta penale è scattata nel 2012, quando Angelo Vitali e Tiziana Diamanti, dipendenti dell'ufficio di via Ostiense, sono finiti in manette per avere distrutto migliaia di verbali. Nel 2016 sono entrambi stati condannati e nei loro confronti è partita l'indagine contabile. Dagli accertamenti è emerso un «sistema di gestione dei ricorsi tutt'altro che lineare con svariate eccezioni alle regole e molte zone d'ombra, il cui funzionamento è apparso caratterizzato da superficialità, clientelismo, rapporti amicali e favoritismo». Per velocizzare le pratiche, infatti, tutti i ricorsi contro le sanzioni per veicoli in uso a organi istituzionali, parlamentari, consiglieri comunali e regionali, forze dell'ordine, erano stati inseriti in un apposito faldone: avrebbero dovuto seguire un canale di trattazione privilegiato, visto che spesso i conducenti avevano commesso l'infrazione per ragioni connesse al servizio. Bastava che il ricorso fosse redatto su carta intestata dell'ente perché venisse automaticamente accantonato, senza essere esaminato. Il sistema - si legge nell'invito a dedurre firmato dal pm Bruno Tridico - «consentiva non solo a rappresentanti e dipendenti di una serie di organismi istituzionali, ma anche loro amici, parenti o clienti, di avere la garanzia di potere commettere impunemente infrazioni». I faldoni di ricorsi dedicati al Consiglio Regionale, al Comune e al ministero della Difesa, contenevano soprattutto «nomi di individui o società che nulla hanno a che vedere con gli enti in questione». Per i pm, «la decisione di riservare canali privilegiati agli appartenenti a organi istituzionali (oltre che ad amici e parenti) costituiva comunque un abuso». Quando gli inquirenti si sono accorti dell'anomalia, hanno disposto il sequestro della documentazione, ma hanno scoperto che gli archivi erano stati distrutti e non hanno potuto identificare tutti i beneficiari. Molti ricorsi, però, riguardavano i furgoncini delle società dei Bernabei: si parla di 1.200 multe annullate dal 2005 al 2012. Ad aiutare gli imprenditori, un terzo vigile: Enrico Riccardi. Per cestinare le sanzioni giustificava l'infrazione sostenendo che il veicolo fosse stato utilizzato per trasportare disabili.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA