Studente svizzero accoltellato in un ostello: indagati i quattro compagni di stanza

Studente svizzero accoltellato in un ostello: indagati i quattro compagni di stanza
di Sara Menafra
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Sabato 12 Aprile 2014, 09:11 - Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 10:04

Non in Italia, in un paese che li spaventa e dal quale ieri sera erano semplicemente felici di partire.

Ma in Svizzera, a casa loro, a Losanna. Conclusi tutti gli atti istruttori iniziali, finita l’autopsia per i cui risultati sono stati dati 60 giorni di tempo al professor Fabio De Giorgio del Policlinico Gemelli, il processo e l’inchiesta sui ragazzi indagati per la morte di Jonathan Lucas potrebbero essere trasferiti in Svizzera: per il codice elvetico, come avverrebbe per quello italiano, siamo in presenza di un reato commesso all’estero da alcuni cittadini svizzeri ai danni di un altro cittadino svizzero. E la giurisprudenza concorrente permette di valutare l’ipotesi di spostare tutto dall’altro lato delle Alpi. Un’ipotesi alla quale la procura minorile di Roma non sarebbe affatto contraria.

L’OK DELLA PROCURA

Al momento, infatti, l’indagine sul sedicenne morto con una coltellata al cuore mentre era in gita scolastica a Roma, sembra essere arrivata ad un nodo difficile da districare.

Già due giorni fa, prima che fosse dato il via all’autopsia sul corpo di Jon, i quattro ragazzi che erano nella stanza con lui erano stati iscritti al registro degli indagati ed invitati ad indicare un avvocato di fiducia e i periti di parte che hanno poi partecipato all’autopsia. Tutti accusati di omicidio volontario, in concorso tra loro. Si dice sempre, ma stavolta è ancora più vero: si tratta di un atto dovuto, per dare ai giovani le maggiori garanzie possibili, sia nei passaggi istruttori, sia nei diversi interrogatori cui sono stati sottoposti in questi giorni, l’ultimo ieri pomeriggio prima che il capo della procura minorile, Claudio De Angelis, firmasse il nulla osta al loro ritorno in Svizzera.

Il problema, però, è che in tutti questi giorni, né davanti al pm, né quando, tramite un insegnante, la procura minorile ha cercato di far capire loro quanto fosse importante fornire qualunque elemento utile, i ragazzi hanno detto qualcosa che potesse davvero aiutare gli inquirenti. La mattina dopo la tragedia di Jonathan, nessuno aveva capito che l’ amico era davvero morto. Eppure anche allora, nessuno ha parlato: tutti insistono col dire che non erano presenti quando Jon è stato ferito (o si è ferito da solo) e che si sono semplicemente accorti del sangue, anche se la procura continua a ritenere più probabile l’ipotesi del gioco finito male. Le ammissioni riguardano semmai l’acquisto in centro a Roma dei tre «bailisong butterfly», coltelli difficili da maneggiare, con un’impugnatura che si apre in due per permettere di lanciare l’arma come nei film Jackie Chan.

NUOVI SEQUESTRI

Nella stanza del convento trasformato in ostello per i giovani, Domus Nascimbeni, la Squadra mobile ha sequestrato parecchio materiale che andrà ulteriormente analizzato. Restano in Italia, dunque, i vestiti dei ragazzi che dormivano con Jon, e alcuni degli indumenti che sono appartenuti al sedicenne più esuberante della scuola Elysèe di Losanna. Ieri, la Questura ha scelto di diffondere un comunicato in cui si specifica un piccolo passo avanti: «È stato individuato il negozio dove il ragazzo ed altri due suoi compagni di scuola giunti a Roma hanno acquistato i coltelli ”a farfalla”, uno dei quali ha cagionato la morte dello studente».

Sebbene nella stanza non siano state trovate sostanze stupefacenti, nel corso degli accertamenti sarà fatta anche una perizia tossicologica per valutare se Jonathan avesse preso qualcosa che può avergli fatto male.

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