La spiaggia sul Tevere è abusiva. La Soprintendenza: «Il Comune deve smantellarla»

Tevere, la spiaggia è abusiva «Il Comune ora la smantelli»
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 31 Ottobre 2018, 09:39 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 16:10

Bella, bellissima, come vorrebbe la vulgata grillina, oppure abusiva, mai autorizzata, con la vegetazione per di più danneggiata dagli operai del Campidoglio? La spiaggia sul Tevere, diceva urbi et orbi Virginia Raggi il 24 settembre scorso, «vivrà al di là dei soli mesi estivi, vogliamo che sia un luogo di incontro aperto ai cittadini, alle attività sportive e anche alle iniziative di carattere culturale e formativo». Invece no, va tutto sbaraccato e anche di fretta. L'arenile allestito dai grillini non è mai stato autorizzato dalla Soprintendenza del Ministero dei Beni culturali, che ora ha chiesto al Comune «il ripristino dello stato dei luoghi», perché l'intervento agostano voluto dalla giunta rappresenta «un fattore di rischio e di vulnerabilità del paesaggio». Non che non possano esserci migliorie, in questa zona, ma solo nel rispetto delle procedure di legge e dell'ambiente. Anche perché il progetto del Comune avrebbe trascurato «gli argini novecenteschi» che cadono a pezzi.


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Il documento riservato, spedito alla direzione generale del Campidoglio, è su carta intestata della Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, un organo del Ministero dei Beni e delle attività culturali. I tecnici hanno scritto che «l'area in questione risulta di proprietà demaniale» e che i dintorni del fiume Tevere sono «sottoposti a un particolare regime di tutela paesaggistica». Ogni intervento deve quindi ottenere le «autorizzazioni previste dal Codice dei beni culturali». Insomma, anche per Tiberis, come il M5S ha ribattezzato la spiaggia, «era necessaria l'acquisizione delle valutazioni e delle autorizzazioni di competenza della Soprintendenza». Eppure «nessuna comunicazione è pervenuta» agli uffici del Mibac «nella procedura di rilascio della concessione dell'area all'amministrazione capitolina».

Nell'atto sono menzionati sia il Piano regolatore generale, che classifica l'area «di grande rilevanza storica e ambientale da preservare», sia il «Piano territoriale paesistico regionale», che parla espressamente di un'«area tutelata». Qualsiasi intervento avrebbe dovuto «tendere soprattutto al ripristino dell'ecosistema tipico delle rive dei fiumi».

DOCCE DI PLASTICA E SNACK
Invece l'operazione voluta dai pentastellati non solo «non è stata realizzata in maniera conforme agli obiettivi di tutela e miglioramento della qualità del paesaggio», pensiamo alle docce di plastica e alle macchinette per gli snack, ma avrebbe addirittura rappresentato «un rischio» per la «vulnerabilità del paesaggio».
 

 


Gli operai comunali avrebbero fatto danni. Perché «l'estirpazione della vegetazione è stata indiscriminata, non distinguendo tra vegetazione infestante (estirpabile) e vegetazione tipica delle zone umide (tutelata)». La «morfologia dei luoghi» poi è stata «alterata dai movimenti di terra» e «coperta indistintamente da una vasta distesa di ghiaia». Anche il «lunghissimo telone plastico» srotolato dagli addetti del Campidoglio, per la Soprintendenza «non è compatibile con i valori paesaggistici dell'area né esteticamente né per l'interruzione dei processi ecologici». E ancora: la recinzione della spiaggia «appare scarna e inadeguata»; «l'argine golenale novecentesco appare in più parti danneggiato»; «le piantumazioni a verde sono del tutto assenti».
 


Ecco perché l'organo del Ministero parla di «incongruità dell'intervento» e «prescrive la presentazione a questa Soprintendenza di un progetto di ripristino dello stato dei luoghi in vista dello smantellamento delle attrezzature del lido». Se ci dovrà essere un intervento, scrivono i tecnici, dovrà essere fatto per «ristabilire i delicati processi ambientali dell'area» e per «salvaguardare l'argine novecentesco».
 

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