Roma, San Camillo, il pm: «Interruzione ossigeno fu atto doloso»

Roma, San Camillo, il pm: «Interruzione ossigeno fu atto doloso»
di Adelaide Pierucci e Paola Vuolo
3 Minuti di Lettura
Sabato 17 Gennaio 2015, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 10:48

Danneggiamento aggravato, è questo il reato ipotizzato dalla Procura sulla vicenda dell'interruzione dell'erogazione di ossigeno nel reparto di terapia intensiva dell'Ospedale San Camillo. Il procurare capo di Roma, Giuseppe Pignatone, ha assegnato ieri il fascicolo, per ora non ci sono iscritti nel registro degli indagati e l'inchiesta assegnata al pm Silvia sereni e al procuratore aggiunto Roberto Cucchiari per ora è contro ignoti.

Nei prossimi giorni verranno ascoltati i responsabili degli impianti dell'ospedale e potrebbe essere affidata la perizia ad un esperto per verificare se dietro l'interruzione dell'ossigeno ci sia stato un sabotaggio o si tratta di un incidente.

In una prima relazione, i tecnici della ditta che si occupa della manutenzione dell'impianto che permette l'erogazione hanno già espresso i propri dubbi ai carabinieri.

Per gli esperti è molto probabile che l'incidente sia doloso. Qualcuno ha manomesso il tubo collegato alla valvola interrompendo il passaggio dell'ossigeno.

LA MANOMISSIONE Subito dopo l'incidente di lunedì scorso i sospetti erano che qualcuno aveva voluto seminare il panico nell'ospedale. L'interruzione dell'ossigeno ai dieci malati della terapia intensiva poteva essere una vendetta. Forse la ritorsione di qualcuno che in passato è stato estromesso da un appalto, o di una persona interna all'ospedale che crede di avere subito un torto. Ma non si è esclusa neppure l'ipotesi che possa essere stato uno squilibrato. L'unico fatto certo per chi indaga è che se l'impianto è stato manomesso volontariamente, chi lo ha fatto conosce bene il sistema: un intreccio di tubi e valvole, ed era praticamente impossibile che una mano poco esperta indovinava per caso quale era il tubo giusto da maneggiare per mettere fuori uso la valvola.

LE TELECAMERE Il sabotatore sapeva anche come entrare nel tunnel tra i padiglioni Lancisi e Morgagni per l'accesso all'impianto, e che in quell'area non ci sono telecamere. Dopo l'incidente la direzione ha assicurato che verrà installato un sistema di videosorveglianza. Le porte per l'accesso all'impianto non sono state forzate, e al sistema di tubi si può arrivare anche dall'esterno, ma è difficile che possa averlo fatto qualcuno che non conosce l'ospedale. L'ipotesi della vendetta o della rivalsa di qualcuno interno all'azienda è uno scenario inaccettabile per il direttore generale Antonio D'Urso, anche se nella relazione interna dell'azienda, quella del dolo è qualcosa in più di una possibilità.

«Mi auguro che l'autorità giudiziaria faccia chiarezza ed escluda l'ipotesi dolosa - ha detto il direttore generale Antonio D'Urso - ci sono situazioni delicate, mal di pancia e piccole tensioni all'interno dell'ospedale, ma il personale è legato all'Azienda San Camillo e lavora per la tutela dei malati: non posso credere che si possa ricorrere per protesta a un atto del genere che minaccia l'intero ospedale». «Poteva essere una tragedia - ha detto il presidente della Regione Nicola Zingaretti - se non è stato così, è solo grazie all'abnegazione del personale medico e dell'assistenza tecnico amministrativa del San Camillo».

LA RICOSTRUZIONE Lunedì scorso, alle 15, gli uomini della ditta che si occupa della manutenzione hanno controllato l'impianto, e tutto era a posto. Alle 19.20 c'è stato il calo dell'ossigeno, gli allarmi hanno suonato e nel reparto ci sono stati momenti di vero panico, i medici e gli infermieri si sono affrettati a portare le bombole d'ossigeno ai malati evitando così conseguenze drammatiche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA