Roma, rifiuti sulla via Francigena: choc tra i fedeli

Roma, rifiuti sulla via Francigena: choc tra i fedeli
di Elena Panarella
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Domenica 17 Luglio 2016, 10:27 - Ultimo aggiornamento: 19 Luglio, 00:22

Nei secoli questo antico cammino lo hanno percorso milioni di persone e ora turisti e fedeli possono nuovamente arrivare alla destinazione originaria. L'antica Via Francigena, 1600 chilometri, rappresentava il tragitto dei pellegrini da Canterbury a Roma. Da qui crociati e templari si dirigevano in Puglia, dove si imbarcavano per arrivare a Gerusalemme. Oggi invece nell'ultima tappa capitolina si imbatto in scene di ordinario degrado. Arrivati all'altezza di Isola Farnese, zona La Storta, dopo aver attraversato sentieri con vista mozzafiato, si trovano davanti paesaggi surreali: discariche a cielo aperto e montagne di spazzatura accatastate accanto a cassonetti stracolmi. L'odore a tratti nauseabondo accompagna il cammino dei fedeli verso San Pietro. Quest'ultimo pezzo della Via Francigena subisce una variazione. La strada originaria infatti corrisponderebbe con le attuali Cassia e Trionfale. Dunque si è deciso di far coincidere l'ultima porzione con il sentiero che attraversa la Riserva dell'Insugherata e Monte Mario. Ma è proprio uscendo da Isola Farnese, arrivando sulla Cassia (direzione centro) che lo scenario cambia. «Noi siamo partite da Todi lunedì mattina - raccontano due ragazze Cristina e Francesca entrambe lombarde - abbiamo attraversato parchi, paesi, cittadine ma solo una volta entrate nel Lazio abbiamo incontrato cumuli di spazzatura. Arrivati a Roma la situazione è precipitata notevolmente. Lo slalom tra rifiuti è indecente: cartoni, decine e decine di sacchi neri, poltrone, mobiletti».

LA FOTOGRAFIA
«È davvero un peccato dopo un cammino che fortifica l'animo e che ti permette di incontrare tanta disponibilità e generosità trovarsi davanti a questa brutta realtà - aggiungono le due ragazze con la dolcezza stampata sul volto - Non pensavamo di trovare proprio a Roma questa situazione, è la Capitale». La strada, si sa, è metafora della vita, e lungo il percorso si incrociano le storie che ciascuno porta con sé. Persone provenienti da molto lontano, entrano in contatto con culture e paesaggi molto diversi fra loro, fra cui anche il nostro territorio. E, vedendoli, con i loro grandi zaini, con i sacchi a pelo, con il bastone, con le scarpe consumate, non si può fare a meno di chiedersi: cosa penseranno di noi? «Una cosa è certa non siamo noi a creare questo schifo - tiene a precisare un francese dal passo veloce - siamo attrezzati e lo spirito di questo cammino non è certamente quello di essere un selvaggio». Un turista spagnolo aggiunge: «Oltre alla spazzatura c'è il problema dei guard rail spariti perché coperti dalla vegetazione. Si dovrebbe prevenire in qualche modo, è un problema della collettività in generale».

LE REAZIONI
Residenti e associazioni del territorio lanciano un appello: «Le istituzioni devono adoperarsi per la giusta pubblicità del percorso e la necessaria pulizia. Perché è pur vero che in tanti attraversano queste strade... ma il rischio è di mostrare uno spettacolo indecente. Il sindaco venga a vedere». «Trovare nelle strade e nelle campagne pneumatici, televisori, biciclette, carcasse di motorini e ogni genere di rifiuto che deturpa i paesaggi - si sfoga Mario Manni, che vive sulla Cassia - è davvero una vergogna. Io sono andato a Santiago di Compostela per fare l'ultimo tratto del cammino e certamente non ho trovato questo stato di abbandono. Tutto è pulito e attrezzato. Se pensiamo a quante centinaia di pellegrini durante tutto l'anno transitano nel nostro territorio, immaginate il danno d'immagine che si produce nei racconti degli stessi camminatori al vedere un simile spettacolo. E pure basterebbe un po' di buon senso». In questo lungo viaggio una cosa è certa: il pellegrino sa dove andare. Non sa cosa troverà lungo la strada, non può saperne i tempi e gli imprevisti. Immagina la fatica, ma sa di percorrere vie già percorse da altri che lo hanno preceduto. Ma soprattutto sa di raggiungere la sua meta.

elena.panarella@ilmessaggero.it