Anche a Napoli bruciavano i rifiuti?
«Tra il 2007 e il 2008 era un fenomeno molto diffuso che fu difficile arginare. Anche senza pensare alla malavita ed altri interessi, dietro il rogo di cassonetti e rifiuti c'è comunque il malessere del cittadino che non comprende perché non venga raccolta la spazzatura».
Si tratta di una reazione autolesionista.
«Senza dubbio. Il cittadino ha un molteplice danno quando per rabbia incendia i rifiuti: prima di tutto lui stesso respira così i fumi tossici della spazzatura e dei cassonetti di plastica e resina a fuoco; inoltre rallenta la raccolta. E aumenta i costi che poi tutti devono pagare. Dietro c'è disagio ed esasperazione, questo è evidente, se è vero che a Roma ci sono zone in cui da dieci giorni non si raccolgono i rifiuti».
A Napoli come andò?
«Beh, lì si arrivò a picchi di quattrocento segnalazioni al giorno. Non solo cassonetti bruciati, ma anche spostati per bloccare la circolazione, per richiamare l'attenzione. Sa quale è il rischio?».
Quale?
«Alimenta l'emulazione. Nel quartiere X non si raccoglie la spazzatura e scatta la rivolta con blocchi del traffico e incendi. L'azienda dei rifiuti interviene. Il quartiere Y, vedendo il risultato, agisce allo stesso modo. Ma questo è un pericolo reale per la salute della gente».
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