Roma, ucciso a pugni davanti al bar. L'assassino: «Eravamo amici, l'ho colpito per i soldi»

Roma, ucciso a pugni davanti al bar. L'assassino: «Eravamo amici, l'ho colpito per i soldi»
di Morena Izzo
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Domenica 1 Aprile 2018, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 16:55


«Non riesco a credere che sia stato Jonatan ad uccidere Mauro. L'ho tenuto in braccio appena nato. L'ho visto crescere. Ma non provo rancore. È un sentimento che non ci appartiene». Sono parole, tra le lacrime, di Ortenzia, moglie di Mauro Ruggeri, il vigilante di 54 anni, massacrato a pugni in faccia per un debito di droga di 200 euro da Jonatan Mastrogiovanni, il 30enne finito in carcere con l'accusa di omicidio.

LE INDAGINI
Mastrogiovanni, con il suo legale, si è consegnato ai carabinieri della compagnia di Monterotondo, diretti dal capitano Salvatore Ferraro, poche ore dopo il pestaggio avvenuto davanti al bar One di via delle Molette a Casali di Mentana la notte tra giovedì e venerdì, dove la vittima aveva appena consegnato dei cornetti. Era questa la sua seconda attività. «L'ho colpito perché non mi dava i soldi ha detto Mastrogiovanni ai carabinieri - ma non volevo ucciderlo, lo conoscevo fin da bambino, eravamo amici, facevamo parte della stessa comunità dei Testimoni di Geova». Sull'omicidio ci sono indagini per accertare l'eventuale coinvolgimento di altre persone.
La comunità dei Testimoni di Geova è scossa. E lo si scorge dalle parole di Ortenzia, pronunciate nel lungo abbraccio tra lei e Luca, il fratello più piccolo di Jonatan, che con i genitori ha fatto visita alla donna venerdì sera. Luca, che come secondo nome porta quello della vittima, Mauro, in segno dell'amicizia che lega le due famiglie. Una vita trascorsa insieme, tra vacanze e momenti di fede. Sia la moglie della vittima, che i genitori, la sorella e il fratello di Jonatan, sono Testimoni di Geova. Jonatan, però, non lo è mai stato, mentre Mauro da quattro anni non lo era più e si era allontanato anche dalla moglie Ortenzia. Neanche le loro tre figlie hanno intrapreso il percorso di fede della mamma. «Un dolore doppio dice distrutto Walter, papà di Jonatan sia per mio figlio, che per Mauro. Lui per anni è stato il mio migliore amico».

LA MADRE
Non si dà pace Paola, la mamma di Jonatan. «Con che coraggio continueremo a vivere? - ripete in lacrime - Nessuno poteva immaginare una cosa simile. È un dolore immenso». Due famiglie distrutte, quella della vittima e del suo aggressore, intorno alle quali si è stretta la comunità dei Testimoni di Geova, che a Mentana conta oltre 500 fedeli. «È una grande tragedia dice Andrea D'Angelo, pastore della comunità - Le due famiglie si sono subito incontrate e c'è stato un lungo e commovente abbraccio tra loro. Hanno più volte detto che non cambierà nulla. Noi ci basiamo sull'amore, mentre Jonatan e Mauro avevano deciso di fare un altro tipo di vita e non si riconoscevano più nei valori dei Testimoni di Geova». «Jonatan e Mauro non appartengono alla nostra comunità spiega Gianpietro Simonetti, ufficio relazione con i media dei Testimoni di Geova di Rieti e nord est romano - Un requisito fondamentale per essere Testimoni di Geova è quello di non avere un corpo contaminato da fumo, sigarette, droga e alcol. Non ci sono profili di questo genere tra noi».

 

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