Stupri e omicidi/ Quel salotto terrorizzato

di Paolo Graldi
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Mercoledì 15 Luglio 2015, 23:25 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 00:01
Choc. Questo è il termine che, come un dardo velenoso, serve a definire l’accaduto. Perché ci colpisce, ci strappa all’indifferenza. E ci coinvolge non soltanto come fatto di “cronaca nera”, come accade per qualunque altro delitto efferato e feroce, ma come evento che muove interrogativi e timori forti, comuni a tutti. Quel che è accaduto a Giancarlo Nocchi, un anziano gioielliere, è successo anche a noi tutti. Un omicidio per rapina, a metà pomeriggio di un giorno di caldo indimenticabile, in un quartiere centralissimo, una fitta rete di strade con negozi a catena, di tutti i generi, insomma, le vie dello shopping della gente comune, prive del rango dell’alta gamma di quelle che s’irradiano da piazza di Spagna.



Un quartiere vivo, pulsante, dove il commercio sembra quasi non risentire della crisi che altrove, inesorabile, abbassa le saracinesche, che poi sembrano chiuse per lutto. Ecco, è qui dentro, nel cuore di un quartiere da sempre tranquillo che la ferocia dell’agguato si è sprigionata su quel pover’uomo indifeso, aggredito mentre riapriva la bottega. Certo, non un gioielleria luccicante di lusso, avvolta da luci abbaglianti, di spot arroganti per esaltare la brillantezza di gioielli costosi. Si potrebbe quasi dire un negozietto un po’ all’antica, con annesso laboratorio dove Nocchi, che era lì da quarant’anni, conosciuto e naturalmente benvoluto da tutti, creava i suoi piccoli capolavori da orafo, con un suo gusto molto personale ed una affezionata clientela che ne riconosceva il talento e il taglio particolari.



Un negozio con una vetrina e sopra, dispiegata, una tenda ingrigita, tesa per riparare dal sole quei piccoli capolavori d’artigianato, proprio all’angolo con via Paolo Emilio, a due passi da Coin, frequentatissimo. Le investigazioni dicono che gli assassini lo avrebbero forse aspettato che riaprisse per il turno del pomeriggio, magari fingendosi clienti, e che lo abbiamo sospinto all’interno per poi rivelarsi in tutta la loro brutalità. Sono trascorsi lunghissimi minuti prima che il fattaccio venisse scoperto da un amico, che gestisce un bar vicino: non vedendolo apparire come al solito s’era preoccupato spingendosi fin dentro la gioielleria.

Nocchi, riverso a terra, privo di vita, una vasta ferita al capo, altre ferite come per effetto di una colluttazione. Uomo minuto ma deciso Nocchi potrebbe aver tentato una reazione prima di soccombere: lo diranno i medici legali e gli accertamenti dei carabinieri, accorsi con gli specialisti della ”scientifica”. Dalle telecamere fuori e dentro il negozio ci si aspettano immagini, documenti visivi capaci di indirizzare la inchiesta, imprimere alla caccia agli assassini la forza della immediatezza. Fondamentale guadagnare queste ore seguendo subito la pista giusta.

Balordi, professionisti? Chi? Il quadro d’insieme farebbe pendere le ipotesi verso una o due persone (si vedrà) senza grandi ambizioni criminali e perciò stesso, semmai, ancora più pericolose. Gente che aveva messo nel conto un’aggressione mortale, confidando nella opportunità di abbandonare il campo insanguinato alla svelta, disfacendosi degli astucci dei gioielli, durante una fuga che sa di dilettanti.

La rapina che uccide si configura come un delitto tra i più odiosi, maledetti, osceni: produce, oltre al gravissimo fatto in sé, un’aura di paura diffusa, quasi impercettibile e tuttavia pesante come una cappa d’inquietudine che avvolge e turba. Era tempo che la città, dove pure la percezione di insicurezza al di là delle statistiche, è pregnante non assisteva ad un omicidio tanto denso di ferocia criminale. Ma, a sentire la gente, si ascoltano racconti di scippi all’ordine del giorno, di piccole e meno piccole violenze, per non ricordare (una coincidenza, forse) dello stupro subito da una ragazzina qualche sera fa a piazzale Clodio, nello stesso quartiere.

La morte di un commerciante, di un uomo che a settant’anni, riapriva la sua bottega con l’amore di una intera vita è un lutto per la intera città e la interroga, la interpella con una domanda che va ripetuta e tenuta a mente: facciamo tutto il possibile per rendere la nostra città, che è anche la Capitale del Paese, un luogo vivibile. Terribilmente temibile, tuttora, resta intatta la risposta.