LE BUGIE
Fino all'ultimo ha raccontato frottole. Pure agli agenti della polizia di Stato in forza a piazzale Clodio, che l'hanno convocato per interrogarlo. «Io malato di Aids? No, vi sbagliate». Ed invece non si sbagliavano. Passando al vaglio le sue cartelle mediche, gli investigatori hanno scoperto che nel 2006, quando l'impiegato si era rivolto all'ospedale Spallanzani specializzato in malattie infettive, sapeva già di essere sieropositivo da un anno. Lo dice lui stesso al medico, in occasione di una visita. Il test, del luglio di quell'anno, fuga ogni dubbio. «Il paziente è sieropositivo». Perché si fosse sottoposto a quel controllo Valentino T. l'aveva spiegato lui stesso ai medici. «Voglio eseguire il test per l'Hiv per una nuova relazione». Risultato: «Possibile contagio etero». Ma era anche quella una bugia. Con la compagna, infatti, non parla della malattia. Tace. Sceglie il silenzio.
GLI INCONTRI SUL WEB
Anzi, via via con gli anni cambia continuamente partner, alternando le poche relazioni stabili con frequenti tradimenti. «In una pervicace malafede», scrive il gip Alessandro Arturi che ha firmato l'arresto. La «compulsività» dell'impiegato è evidente non solo nel continuare a chiedere intimità non protette ma anche nel negare l'evidenza. Tanto che quando non sapeva più come giustificarsi, a una ex compagna invia per fax un certificato medico falsificato: scrive ”negativo” al test dell'Hiv cancellando la scritta ”positivo”. Le conoscenze via chat diventano col tempo una prassi, anche per consumare rapporti sessuali di gruppo. In questo contesto, l'impiegato romano mostra un «conclamato atteggiamento di assoluta insensibilità e quasi di assoluto disinteresse per le condizioni di salute delle partner, gravemente minacciate dalla foga bulimica di appagamento sessuale»
LE INDAGINI
Gli investigatori ora temono che ci possano essere altri partner non ancora rintracciati, persone inconsapevoli di essere state esposte a rapporti così a rischio. L'untore, che aveva scoperto la malattia a 22 anni, non aveva mai avuto problemi di tossicodipendenza, ma probabilmente a sua volta solo rapporti non protetti. Quindi si punta sui contatti web e sui passaparola di altre vittime affinché al più presto possano sottoporsi alle cure necessarie.
Sono state le stesse giovani contagiate a rivelare i nomi di possibili altre vittime della «foga bulimica» dell'uomo. Una giovane donna era incinta quando, su invito degli investigatori, ha fatto il test ed ha scoperto la terribile notizia. Per il gip tutto questo configura una «condotta criminale». In mano agli inquirenti una «prova»: lo stesso ceppo virale per untore e contagiate.