Roma, Marino, Kyenge e Luxuria ai funerali della trans uccisa a bastonate: chiamata “lei” durante la messa

Vladimir Luxuria e Ignazio Marino ai funerali del trans ucciso a Roma
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Venerdì 27 Dicembre 2013, 20:50 - Ultimo aggiornamento: 20:52
Almeno ai funerali Andrea, la trans uccisa a bastonate nel luglio scorso a Roma, non stata sola. C'erano più di un centinaio di persone, tra volontari della Croce Rossa, del Cesv, della Caritas e compagni di strada, ma anche le autorità: il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge, il sindaco di Roma Ignazio Marino con tanto di fascia tricolore, i rappresentanti del Consolato della Colombia, Vladimir Luxuria. C'erano persino le rose bianche distribuite dai volontari. E ad officiare la Messa monsignor Feroci, direttore della Caritas e padre Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli. Sono stati proprio loro a volerli in una delle chiese più belle di Roma, nel centro storico, nell'omonima piazza, quella più importante per i Gesuiti della Capitale, la stessa dove Papa Francesco ha officiato qualche mese una messa per gli «ultimi». Sono stati loro, per tutta l'omelia, ha definirla "lei" e non "lui".



Un elemento di novità sottolineato sia da Vladimir Luxuria, sia dal sindaco Marino, per il quale si tratta di «un gesto importante, un gesto di una Chiesa che si rinnova sotto la guida di Papa Francesco». Ma Andrea Quintero, colombiana di 31 anni, uccisa a bastonate, forse anche accoltellata, alla stazione Termini, per tutta la vita è stata sola. È anche morta da sola a pochi passi dal binario 10 e dal posto di polizia della Polfer, dove il suo corpo è stato ritrovato la mattina dello scorso 29 luglio pieno di ecchimosi, tagli e lividi. In quella stazione che aveva eletto come domicilio raccoglieva le cicche per avere un pò di tabacco da fumare e sognava un "principe azzurro", un ragazzo con i soldi che le facesse vivere una vita normale, con una casa normale e degli abiti puliti e che la portasse al mare ed in discoteca, le sue passioni.



Anche da morta è stata da sola: «per cinque mesi nessuno ha richiesto la sua salma ed immaginiamo quindi qual è stata la sua esistenza» ha detto durante l'omelia Monsignor Feroci. Nessun parente dalla Colombia, infatti, ha reclamato il suo corpo. Era venuta in Italia quattro anni fa per scappare alle violenze, ai soprusi, alle discriminazioni del suo paese. Dal luglio del 2011 veniva seguita dagli operatori della Caritas che avevano tentato di ospitarla prima nell'ostello e poi in una struttura in via Marsala, ma lei era sempre scappata. Preferiva andare a mangiare alla mensa di Colle Oppio e la notte dormire lì nel parco tra i cartoni o davanti alla stazione Termini.



Andrea aveva un braccio paralizzato e trascinava una gamba. Agli operatori del centro d'ascolto della Caritas aveva raccontato di essere stata picchiata a Castelfusano, ad Ostia, con una bottiglia piena di birra. Per quella violenza, aveva detto, era stata 7 mesi in coma e da allora la sua gamba e il braccio avevano smesso di funzionare. «Sono sicuro che Dio dirà "tu sei figlia mia perchè tutti siamo figli di Dio". Stiamo qui per testimoniare l'affetto, anche per gli ultimi di questa città - ha detto nell'omelia monsignor Feroci - perchè sono nostri fratelli e non possiamo trattarli in questo modo, come le 7000 mila persone che a Roma dormono all'aperto. Domandiamo al signore che questa città diventi sempre più una città accogliente verso coloro che sono in difficoltà».



Andrea non aveva scelto la strada, ma l'aveva subita. Voleva una vita normale, non c'è riuscita. Ma sarà seppellita come una romana qualunque nel cimitero di Prima Porta. Di speciale ha avuto di sicuro i funerali che si sono conclusi addirittura con le sirene delle ambulanze che salutavano l'uscita del feretro dalla chiesa.
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