Colosseo, spuntano dadi e monete delle scommesse: si puntava su belve e cacciatori

Colosseo, spuntano dadi e monete delle scommesse: si puntava su belve e cacciatori
di Laura Larcan
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Sabato 7 Luglio 2018, 10:54 - Ultimo aggiornamento: 10 Luglio, 16:25


La folla che si accalcava sugli spalti e la frenesia della scommessa. Gli occhi che seguivano le evoluzioni delle cacce sull'arena e il sangue che sporcava la sabbia. Le monete che passavano di mano in mano seguendo l'esito della carneficina. Chi puntava sulla belva feroce, magari un orso bruno, trasportato dalle montagne d'Abruzzo o dai boschi del Circeo, e chi alzava il tiro scommettendo tutto sul venator, il cacciatore. E magari nell'intervallo, tra una caccia e l'altra, si tiravano i dadi per sfidare ancora la sorte. Eccolo lo scenario del Colosseo all'alba del V secolo dopo Cristo. Ancora affollato di irriducibili appassionati di spettacolo misto al gioco d'azzardo, forse i fasti gladiatori si erano ormai spenti, ma le venazioni, le cacce, riuscivano a sedurre ancora quella plebe febbricitante affamata di brivido. E le scommesse si consumavano sulle tribune come il cibo.

IL GRUZZOLO
Tutto questo non è frutto di cronache dell'epoca, ma di prove archeologiche. Una testimonianza preziosa e rarissima che ha fatto brillare gli occhi degli studiosi. Perché proprio da un condotto fognario intercettato sotto l'originaria pavimentazione dell'Anfiteatro Flavio sono state ritrovate oltre duecento monete di bronzo di piccolo taglio, miste a decine e decine di dadi perfettamente conservati. Impressionanti. «Mai trovate così tante monete tutte insieme risalenti al V secolo d.C.», racconta Rossella Rea responsabile del Colosseo che sta promuovendo da sei anni le campagna di scavo con gli studenti universitari di Roma Tre, della cattedra di Archeologia Medievale diretta da Riccardo Santangeli Valenzani. Un progetto rinnovato ancora oggi dal parco archeologico del Colosseo diretto da Alfonsina Russo.

«Il tesoretto rievoca oggi la quantità di folla che ancora gremiva l'anfiteatro - spiega Rea - e documenta la smania per le scommesse, un'abitudine che i romani avevano da secoli e che nel Colosseo raggiungeva il momento più concitato. Dobbiamo immaginarceli - continua l'archeologa - scommettere sui protagonisti degli spettacoli, ormai soprattutto cacce: chi puntava sulle bestie e chi sul cacciatore». Quanto puntavano? «Varie cifre - riflette Santangeli Valenzani - Dal tipo di dimensione delle monete possiamo interpretarle come minimi, ossia monete di basso valore assimilabile ai nostri centesimi di oggi. Ma erano le tipiche monete delle scommesse. E i romani erano accaniti giocatori d'azzardo». Proprio questo tipo di moneta circolerà a Roma ancora per tutto il V secolo. Di fatto saranno monete utilizzate per molto tempo, perché le zecche smetteranno di coniare nuovi esemplari.

LA SECONDA VITA
Dalle fogne riaffiora la seconda vita del Colosseo, quel tardo impero che declina verso l'Alto Medioevo. Siamo in un punto particolare del Colosseo: lo scavo, infatti, è stato aperto nell'anello esterno del monumento, rivolto sulla piazza, dove si stanno documentando i fatali crolli delle due gallerie mancanti, avvenuti probabilmente dopo il terremoto violento dell'847: una prima demolizione seguita da crolli e spoliazioni, tant'è che la pavimentazione originale ha svelato tracce degli strumenti di metallo usati per alzare le lastre originali di travertino.

I dadi sono uno spettacolo. Sono tutti dadi perfetti, concepiti per seguire l'attualissima regola del 7: i numeri segnati sulle facce opposte devono dare come somma finale sempre sette. Dopo il restauro l'idea è di esporre al Colosseo in modo permanente l'intero gruzzolo di monete, ovviamente insieme ai dadi.
Lo stesso ministro dei beni culturali Alberto Bonisoli ha voluto visitare lo scavo in corso nell'Anfiteatro Flavio, incontrando l'équipe di ricercatori e studenti che stanno riportando alla luce questo capitolo insolito del Colosseo. Il materiale riaffiorato è indubbiamente suggestivo: frammenti di ceramiche, ma anche reperti preziosi di pasta vitrea (splendido il manico di una bottiglia), oltre alle ossa di animali.

All'alba del V secolo i fasti gladiatori sull'arena del Colosseo erano già un'eco lontana: la pesante crisi economica dell'impero imponeva uno stile più da austerity nell'intrattenimento popolare: gli spettacoli gladiatori erano di fatto troppo costosi, e quelli organizzati a risparmio (con meno risorse umane, macchine sceniche e belve esotiche) crearono una diffusa disaffezione nel pubblico.

LE SCORRIBANDE
Ma il Colosseo non chiuse. Anzi continuò a offrire venazioni, ossia le cacce con animali, magari più locali e meno esotici. Come dimostrano i ritrovamenti. Dalla fogna sono riaffiorati tanti frammenti di ossa di orso (mandibole e un intero radio). Gli orsi giocano un ruolo chiave: importati dall'Abruzzo e dal Lazio (persino dal Circeo) come star dell'arena per alimentare le scommesse. L'orso, insomma, era l'unico animale feroce a buon mercato. «Gli orsi usati al Colosseo sono in fondo i predecessori dell'orso ammaestrato da circo, che comparirà nel Medioevo», precisa Santangeli Valenzani. Le scorribande di popolazioni barbare lungo i territori dell'impero avevano rallentato i commerci delle bestie.
I felini, in auge nei secoli d'oro del Colosseo, come le tigri e i leoni, erano praticamente scomparsi dall'arena. Pensare che già Cicerone lamentava la decimazione delle pantere in Cilicia. «Siamo lontani dai fasti voluti da Commodo, che con l'hobby del tiro con l'arco aveva fatto costruire una passerella sull'arena per colpire e decapitare gli struzzi», ironizza Rossella Rea. Il viale del tramonto dei gladiatori era stato segnato a piccolissimi passi dalla cristianizzazione. Ma non solo. «Gli imperatori - spiega Rea - vollero arginare anche il fenomeno dei senatori che reclutavano gladiatori come guardie del corpo».

 

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