Roma, bimbo ucciso da un vaso: condannati i proprietari dell'appartamento

Roma, bimbo ucciso da un vaso: condannati i proprietari dell'appartamento
di Adelaide Pierucci
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Giovedì 6 Novembre 2014, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 14:22

Stava guardando una vetrina in via Appia, accanto alla madre e al fratellino, Cristian Giacomini. Sceglieva il regalo del compleanno ma in un attimo, senza neanche avere il tempo di rendersene conto, fu strappato alla vita a 13 anni da un vaso che gli piombò sulla testa. Un vaso poggiato in bilico su un balcone, al sesto piano del civico 197 di via Appia Nuova. Era il 10 settembre del 2012. Per quella morte assurda ieri, a distanza di due anni, il gip di Roma ha condannato a 22 mesi di carcere i proprietari di quella piantina grassa. Maria Grazia Capizzi, 65 anni, e il marito Roberto Cascioli, 67, rispondevano di omicidio colposo e hanno accettato il patteggiamento. Il capo di accusa a loro carico racchiudeva il dramma di due famiglie. Quella di Cristian, morto tra le braccia della madre e dei passanti. E quella della coppia, schiacciata dal rimorso e dal dispiacere. Che ora, in assenza di un'assicurazione, dovrà anche risarcire la famiglia di Cristian per l'immensa perdita.

NON ANCORATO

«Posizionando alcuni vasi sul parapetto del proprio balcone, senza ancorarli», aveva scritto il pm Giuseppe Cascini, «i due non avrebbero rispettato il regolamento di Polizia Urbana del Comune, cagionando così, per la caduta accidentale di un vaso, la morte del bambino».

Il pubblico ministero in aula, Pierluigi Cipolla, ha respinto la proposta della condanna a un anno e chiesto quella più pesante a un anno e dieci mesi: «Certe imprudenze sono gravi», ha ribadito.

Ora resta da chiarire la posizione dell'amministratore del condominio. La procura, che lo aveva iscritto nel registro degli indagati per concorso in omicidio colposo per omissione, ha chiesto per la seconda volta l'archiviazione, ritenendo che non fosse suo compito vigilare sui balconi. Richiesta però respinta dal giudice delle indagini preliminari che ha rinviato gli atti all'accusa.

L'ASSOCIAZIONE

«Non riusciamo a darci pace. Come è potuto succedere?», hanno sempre detto di coniugi, assistiti dall'avvocato Giovanna Corrias Lucente. «Non c'era vento quel giorno e il nostro gatto era chiuso dentro una stanza. Noi eravamo fuori casa, non riusciamo a comprendere come sia potuto volare giù il vaso», avevano spiegato agli inquirenti. Scartata la pista del gatto, poi è caduta pure quella che a spingere giù il vaso fossero stati i clienti dello studio dentistico confinante. I signori Cascioli hanno deciso di fondare un'associazione per promuovere la cultura della sicurezza a proposito di piantine e balconi. «Un vaso può uccidere. Occorre informazione e prevenzione», queste le finalità. «La tragedia che ha travolto i nostri assistiti e purtroppo ha tolto la vita a quell'adolescente», ha detto l'avvocato Corrias Lucente, «non deve cadere nel vuoto. Loro vogliono che sia uno stimolo affinché non succeda più».

E invece più di una volta è capitato che a Roma si siano sfiorati drammi analoghi. Solo qualche mese fa a San Giovanni, in via Orvieto, un vaso è caduto su un marciapiede, forse da un terzo piano, sfiorando un passante che poi ha denunciato: «Stavo passeggiando in strada quando ho sentito un botto dietro di me. Sono stato miracolato».