«Non chiamatemi Fantozzi» Boom dei cambi di cognome

«Non chiamatemi Fantozzi» Boom dei cambi di cognome
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 18 Agosto 2018, 09:03
L'esemplare forse più conosciuto della categoria, il ragioner Ugo, ne andava perfino fiero, di quel cognome: «Fantozzi, non Fantocci», ribatteva difatti a ogni storpiatura prevista dal copione. Eppure, a Roma, c'è un omonimo che quell'appellativo proprio non lo tollerava tanto da avventurarsi nella trafila burocratica fino a ottenere il desiderato avallo: niente più Fantozzi, si cambia la carta d'identità, la patente, il biglietto da visita, il citofono, tutto insomma. Nuovo cognome, nuova vita. E non è l'unico che ha voluto disfarsi del fardello dell'onomastica, fardello che capita in sorte perché il cognome non si sceglie. Quello è dalla nascita e, così vuole la regola, con quello tocca convivere fino alla fine dei propri giorni.

Da qualche anno però il precetto è meno inflessibile, le eccezioni meno sporadiche, tanto che a Roma, nel giro di cinque anni, le richieste di cambio di cognome sono praticamente raddoppiate. Erano 500 scarse nel 2012, l'anno scorso si è superata quota 900. Dal 2016 a oggi, spiegano dalla Prefettura della Capitale, si marcia a questo ritmo. A conti fatti nell'ultimo triennio si dovrebbero sfiorare le 3mila variazioni di nome. Pensare che nel 2011 non si arrivava a questa cifra nemmeno prendendo in considerazione tutti i cambi di cognome richiesti a livello nazionale: erano stati 2.765 dalle Alpi alla Sicilia, come veniva annotato nel bollettino del Ministero dell'Interno. Per il 2017 una statistica nazionale non c'è, il Viminale si è attivato per sfornarne una a fine 2018, ma è presumibile, spiegano dal Ministero, che il trend sia quello che si è registrato a Roma. E cioè che le richieste siano raddoppiate anche a livello italiano. Del resto a Milano i cambi erano stati appena 36 nel 2012, poi si è schizzati a 124 nel 2013 ed è probabile che quest'anno si tocchi quota 300 (solo a maggio, per dire, sono state accolte 28 richieste).

Quanto ai motivi che spingono a cambiare cognome, la casistica è varia. Con la dicitura «per evitare derisioni» hanno presentato richiesta il signor Porco, il signor Culotta, la signorina Chiapponi, insomma si è capito il genere. C'è anche chi dopo avere sopportato il peso di certi, come dire, sfortunati appellativi ha fatto di tutto perché almeno i discendenti ne venissero risparmiati. È il caso di una coppia di genitori che ha chiesto di cambiare alla figlia il cognome ereditato dal padre, che richiamava inequivocabilmente il cannello che si usa, per esempio, per fumare la pipa, ma che ai più smaliziati avrebbe potuto ricordare ben altre pratiche, amatorie.

Ma quella dei nomi «ridicoli o vergognosi», come vengono definiti, è solo una parte della mole di richieste bollinate ogni anno dalla Prefettura. Un ragazzo di origine vietnamita, Van Cuong, ha chiesto tramite i genitori di chiamarsi Matteo «al fine di facilitarne l'inserimento nel contesto sociale dove vive», si legge nell'autorizzazione firmata dal viceprefetto vicario di Roma, Enza Caporale. Spulciando gli elenchi, viene fuori una Roberta che ha chiesto di chiamarsi Emma perché così è conosciuta nel suo «campo lavorativo»; c'è una Chiara che ha chiesto e ottenuto di ribattezzarsi Sara, perché questo è il «nome con cui è sempre stata identificata in ambito sociale»; c'è Ualdzimir che ha domandato, per comodità immaginiamo, di chiamarsi semplicemente Vladimir.
I TEMPI
All'incirca un cambio su tre riguarda l'aggiunta del cognome materno - ma a maggio un romano ha resuscitato quello del bisnonno - anche perché l'iter è stato facilitato dalla riforma varata nel 2012, una delle ragioni dietro alla crescita record degli ultimi anni. Ma non è l'unica. Tutta la trafila, in realtà, è diventata meno ostica. Da cinque anni le competenze sono passate al prefetto, mentre fino ad allora la procedura era un flipper tra centro e periferia, con lo scambio di carte bollate tra i funzionari del ministero dell'Interno e gli uffici territoriali, una girandola di passaggi che allungava i tempi fino a un anno e mezzo. E prima ancora per cambiare cognome toccava aspettare fino a tre anni. Ora invece decide tutto la Prefettura: riceve l'istanza del cambio di nome e decide se accettarla o meno, dopo avere valutato se la richiesta sia da considerare fondata o no.
Lorenzo De Cicco
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