Roma, l'albero di Natale sbeffeggiato sui social: «Ecco Spelacchio»

Roma, l'albero di Natale sbeffeggiato sui social: «Ecco Spelacchio»
di Simone Canettieri
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Sabato 9 Dicembre 2017, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 20:07

Gianni Rodari avrebbe fatto spuntare «un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento». Da ieri è acceso quello a piazza Venezia. Ed è subito derby. Tra chi lo chiama «Spelacchio» o «Scovolino» sottolineando che «ha un ramo ogni venti minuti»; e chi invece, in fin dei conti spiega e scrive sui social network, che è «bello, bello, bellissimo». Non solo perché è stato illuminato dalla sindaca Virginia Raggi (in compagnia di figlio e marito), mezza giunta (l'immancabile Salvatore Romeo, riabilitato anche in tv). O forse proprio per questo. Sotto l'abete, emaciato e infreddolito che non copre nemmeno un po' il nitore del Vittoriano, si nascondono facili e scontate metafore. Questa «essenza arborea», come la chiamano i grillini con il pollice verde, è l'immagine della Roma di oggi ripiegata su stessa? Risponde, senza volerlo o forse sì, l'assessore all'Ambiente Pinuccia Montanari: «È un albero addobbato a festa, con eleganza e semplicità, per regalare a romani e turisti un'atmosfera unica, nel pieno rispetto della sobrietà».

 

IL PRECEDENTE
Di sicuro, meglio dell'anno scorso è, ragionano un po' tutti, con il naso all'insù e la memoria a ritroso. Anche perché, dodici mesi fa, il Comune, travolto dalle critiche, fu costretto a rimetterci le mani. Ad addobbarlo in corsa una seconda volta per scrollarsi di dosso le accuse di pauperismo e sciatteria. No, questa volta, non è così.
I 3 chilometri di fili di luce messi a disposizione da Acea insieme a 600 sfere servono, eccome. Semmai il problema è la materia prima. La scelta base: l'abete. Ieri pomeriggio c'era chi commentava: «Ma dal Trentino non ci potevano regalare un albero con un fusto un po' più possente?».

SU INTERNET
Sui social, dove un argomento del genere diventa tesi di laurea, c'è chi porta gli esempi di altre città italiane e internazionali: «Ao', qui sembra che abbiamo acceso un cerino». Oppure: «Ma no, tranquilli, è solo anoressico: ora sotto le feste ingrasserà». Ma ci sono i soliti beninformati che rilanciano: «Non è colpa della sindaca anche questo: prendiamocela con i trentini che ce l'hanno regalato». Complotto venuto dal Nord?
Colpisce, questo sì, il contesto. L'albero, dall'aspetto così provvisorio e periclitante, si trova tra due aiuole. Ancorato a due blocchi di cemento stile frangiflutti del porto, dipinti in fretta e furia di verde. È bastata l'inaugurazione, un po' di movimento intorno, per creare un effetto-tappo in tutta piazza Venezia. Un tripudio di clacson che si confondevano con la banda musicale, altro che count-down. Autobus, macchine e motorini piantati anche loro sui sampietrini balbettanti e sconnessi. Insomma, la Roma di oggi. Ordinaria nei giorni feriali e festivi. Al di là dell'albero. Un esercizio estetico (e quindi politico) che non ha mai soddisfatto tutti nemmeno in passato (da quello mini e tarchiatello di Marino per passare a un'edizione cono-salvadanaio di Alemanno). Non si può stare a Roma, ammoniva Theodor Mommsen, senza «un'idea universale». Forse anche a Natale.
 

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