Affittopoli a Roma, stretta sui partiti: 113 locali da liberare subito

Affittopoli a Roma, stretta sui partiti: 113 locali da liberare subito
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 1 Marzo 2017, 07:45 - Ultimo aggiornamento: 21:42
Avanti con gli sgomberi per negozi mascherati e partiti politici morosi, stop (temporaneo) per le associazioni socio-culturali. Una delibera votata dalla giunta di Virginia Raggi lo scorso 22 febbraio detta la strategia del Campidoglio a trazione pentastellata per riordinare lo sterminato patrimonio immobiliare comunale, impelagato da anni nello scandalo affitti, tra canoni stracciati, inquilini morosi e occupanti abusivi. Pressato dalla magistratura contabile, che ha individuato irregolarità in «350 posizioni», il Comune ha deciso di avviare controlli a tappeto e sfratti per riportare la legalità tra i locali dati in concessione. In tutto sono stati programmati 113 sgomberi, si legge nella delibera. In 73 casi si tratta di immobili assegnati ad associazioni; gli altri 40 invece sono diventati «alloggi di servizio, fabbricati ed aree ad uso commerciale, alloggi e manufatti abusivi».
Il problema, secondo il Campidoglio, è che gli sgomberi programmati sono troppi. «E non possono essere realizzati tutti contestualmente, anche in ragione dell'effettiva sostenibilità organizzativa e funzionale degli interventi che, frequentemente, comportano rilevanti ricadute di rilievo sociale e di ordine pubblico». Ecco perché la giunta ha dato mandato al Dipartimento Patrimonio di «procedere gradualmente all'esecuzione degli sgomberi», dando priorità ai locali che oggi non sono occupati da associazioni socio-culturali senza fini di lucro, in particolare per quelle che offrono servizi «in ausilio all'amministrazione». Anche perché, altrimenti, «i soggetti coinvolti hanno manifestato l'impossibilità di assicurare la prosecuzione delle funzioni di interesse pubblico svolte».

GLI ARRETRATI
In attesa che venga approvato il nuovo regolamento delle concessioni - la giunta è convinta di sottoporlo «in tempi brevi all'Assemblea capitolina», così si legge nel provvedimento - c'è l'urgenza di liberare gli immobili ancora occupati da soggetti sprovvisti di titoli o con i contratti scaduti. Insieme alla «riacquisizione, anche forzosa, degli immobili», il Campidoglio ha fatto partire la richiesta degli arretrati dovuti. «Il corrispettivo d'uso - si legge - è stato calcolato al 100% del valore di mercato».
Anche chi vorrà partecipare ai nuovi bandi che verranno pubblicati dal Comune, come pre-condizione per essere ammesso, dovrà saldare il suo debito con Roma Capitale. Per poter essere inseriti nelle graduatorie, infatti, bisognerà procedere «al pagamento delle annualità pregresse dovute e non pagate».

LE ASSEGNAZIONI
In teoria la procedura per riassegnare le concessioni era stata avviata quasi due anni fa, con la delibera 140 licenziata il 30 aprile 2015 dalla giunta di Ignazio Marino. Quel provvedimento, però, è rimasto impantanato nella burocrazia di Palazzo Senatorio. Tanto che la giunta grillina, nella delibera appena varata, ammette che quelle disposizioni «non sono state attuate».
Prima di procedere con le nuove assegnazioni, però, bisogna completare gli sgomberi e soprattutto risolvere i problemi catastali. Alcuni magazzini, infatti, nel tempo sono diventati uffici o veri e propri negozi. E gli immobili liberati, per poter essere riassegnati, «devono per norma essere ricondotti alla corretta destinazione edilizia e urbanistica», riporta la delibera. Insomma, bisogna «rispettare la vigente normativa in materia», servono nuove stime. Soprattutto per legge gli immobili «non devono produrre alcun reddito» tra un contratto di concessione e l'altro. Un iter lungo e farraginoso che, secondo il Campidoglio, comporta diversi rischi. «I tempi conseguenti al rispetto di tale procedura, non comprimibili, generano inevitabilmente anche rischi di occupazioni abusive, nonché numerosi contenziosi».