Roma, rom «finti poveri», in 57 a processo

Roma, rom «finti poveri», in 57 a processo
di Adelaide Pierucci
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Giovedì 16 Luglio 2015, 06:19 - Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 12:44

Guai in vista per i rom finti poveri. Hanno un gruzzolo in banca. Tesoretti, tra i ventimila e i 375mila euro, che non sono stati in grado di giustificare davanti ai magistrati. Ieri per 57 di loro, per lo più allontananti dai campi della Barbuta, di Salone e di Cesare Lombroso e trasferiti in quelli attrezzati, finanziati dal Campidoglio, il gip Luciano Imperiali ha disposto il rinvio a giudizio per il reato di intestazione fittizia di beni. Così si ritroveranno tutti a processo, ma con una consolazione: da tempo a cinquanta di loro sono stati dissequestrati i conti bancari.

Sotto inchiesta erano finiti in 59 all'inizio e con un'accusa precisa: quella di essersi finti poveri per raggirare il Comune e spuntare gratis l'assegnazione di container. Ricostruzione poi crollata. Gli indagati (uno dei quali è morto e un altro è riuscito a provare che sul conto aveva il risarcimento per la morte di un figlio) infatti non hanno truffato il Comune con carte false per farsi assegnare i moduli abitativi. E' stato il Campidoglio che non ha mai chiesto conto dei loro beni e di imperio li ha trasferiti nei campi attrezzati. L'accusa di falso e truffa così per loro è crollata, e per quei reati sono stati prosciolti.

ACCUSA

Il pm Carlo La Speranza, titolare dell'inchiesta, aveva chiesto per tutti il proscioglimento dal reato di intestazione fittizia, tranne che per una decina di pregiudicati coi conti più sostanziosi provento, secondo l'accusa, di affari illeciti.

Gli altri avevano sostenuto di avere partita Iva, di lavorare regolarmente, uno come autista di Atac. Il gip Imperiali però ha ritenuto insufficienti le giustificazioni sui conti e quindi li ha spediti a giudizio. Se i soldi non sono frutto di riciclaggio - è stata la conclusione - significa che compatti gli indagati si sarebbero prestati a fare da prestanome per coprire altri. Nella chiusura delle indagini la procura aveva evidenziato l'acquisizione delle fonti di prova «in danno del Comune», che tra l'altro non ha mai chiesto la costituzione di parte civile.

Prove che si sarebbero rette «su atti e indagini di pg» (redatti dalla Polizia Locale), «sui sequestri probatori e anticipati dei beni da parte del tribunale per le misure di prevenzione» e sulle «dichiarazioni di Angelo Scozzafava» (ex alto dirigente del Campidoglio, direttore fino a un paio di anni fa del quinto dipartimento della Promozione dei servizi sociali e della salute, finito di recente indagato nella maxi inchiesta Mafia Capitale). «Il mio assistito ha sul conto 122.00 euro» ha detto l'avvocato Gianluca Nicolini, «soldi che ha raggrenellato in una vita». A gennaio si aprirà il maxi processo per tutti.